Ormai ci siamo: il 21 novembre la Corte Costituzionale discuterà della legittimità di quell’impianto normativo comunemente definito “legge sui vaccini”. Non entriamo qui nel merito dell’atto di impugnazione della regione Veneto che nasce dalla volontà di contestare alcune parti del decreto, in primis l’obbligatorietà delle vaccinazioni che andrebbero non imposte ma incoraggiate tramite un’opera di informazione e conseguente adesione consapevole, né dall’esistenza o dall’assenza del presupposto di necessità e urgenza, su cui si fonda il decreto, né sulla violazione del diritto alla salute (articolo 32 della Costituzione), relativamente al principio di autodeterminazione nelle scelte sanitarie. Giuristi e magistrati illustri hanno bene rappresentato le criticità che confidiamo siano accolte dalla Suprema Corte. Ci limitiamo ad offrire due spunti “scientifici” di discussione.
La discussione sull’obbligo
In Italia la discussione sui vaccini ha toni particolarmente aggressivi, non c’è confronto ma insulti e provocazioni. I pochi che hanno cercato di illustrare la loro posizione, vaccini Si-obbligo NO, non hanno spazi nei mezzi di comunicazione perché l’opinione dominante è che non DEVE esserci confronto. Non si può discutere, non sui vaccini, di cui se ne riconosce utilità e efficacia, ma sulla obbligatorietà delle vaccinazioni, senza necessariamente essere irrisi, trattati come medici/ricercatori/operatori sanitari etc… di serie B o visti come “traditori”. Senza rischiare sanzioni fino alla radiazione dell’Ordine professionale.
Eppure, in ambito internazionale, di questi argomenti si dibatte con piena libertà di espressione, e non sono mancati i rilievi critici sulle misure coercitive. Ad esempio Peter McIntyre, direttore del National Centre for Immunisation Research and Surveillance, ed altri, in un articolo sul Medical Journal of Australia hanno espresso delle critiche al provvedimento del governo “No Jab No Pay”, che subordina all’esecuzione dei vaccini l’erogazione di sussidi economici. Negli Stati Uniti molti autori, tra cui Walter Orenstein, già Direttore del programma di vaccinazione USA presso i Centers for Disease Control and Prevention su Jama Pediatrics suggeriscono prudenza e cautela nell’eventuale rafforzamento delle misure coercitive. Il British Medical Journal ha riferito che durante l’assemblea annuale dei rappresentanti della British Medical Association è stata illustrata una mozione che chiedeva all’associazione di valutare vantaggi e svantaggi delle misure coercitive in ambito di vaccini. Sullo stesso giornale Sophie Arie, nell’illustrare i provvedimenti italiano e francese sull’obbligo vaccinale, riporta i pareri sui determinanti dell’esitazione vaccinale di Andrea Ammon, direttrice dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) – il Centro Europeo per il Controllo e la Prevenzione della Malattie – e di Robb Butler, programme manager dell’Ufficio Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: Né l’OMS né l’ECDC raccomandano programmi di vaccinazione obbligatori; sono difficili da far rispettare, i provvedimenti obbligatori possono polarizzare le opinioni sulla vaccinazione e non esiste un’associazione evidente tra vaccinazioni obbligatorie, senza altre misure, e aumento della copertura vaccinale in ogni paese.[1]
La comunità scientifica – fuori dall’Italia – non ha paura di discutere e non esita di evidenziare anche le possibili ricadute negative delle norme coercitive (anzi a ben vedere a livello internazionale le voci critiche sembrano più numerose di quelle a favore)[2].
La discussione sull’herd immunity
Il concetto di “herd immunity” è stato citato nella Relazione illustrativa al Decreto-Legge per supportare la necessità dell’obbligo vaccinale, ovvero la necessità di superare le resistenze individuali per un vantaggio che deriverebbe all’intera comunità.
Il principio generale su cui si fonda l’immunità di gregge deriva dall’osservazione, apparentemente ovvia, che tanto maggiore è il numero di persone che si vaccinano tanto minore è il numero delle persone che rimangono suscettibili alla malattia e di conseguenza la probabilità che il batterio od il virus che causano la malattia sia presente nella popolazione.
L’immunità di gregge, bloccando la circolazione dell’agente infettante, protegge indirettamente l’intera comunità, anche i soggetti non vaccinati, in particolare quelli che per vari motivi non possono essere vaccinati o non si immunizzano dopo vaccinazione (neonati troppo piccoli per essere vaccinati, soggetti ipersensibili ad uno o più componenti vaccinali, malattie o trattamenti che provocano una diminuita capacita di generare immunità protettiva)[3]. L’effetto gregge dipende dalla copertura, dall’efficacia del vaccino (non c’è corrispondenza uguale e costante tra vaccinazione e immunizzazione), dall’incidenza reale della malattia, dall’omogeneità di distribuzione dei vaccinati, dalla patogenicità e virulenza del microrganismo, dai serbatoi naturali, dai movimenti della popolazione in un certo territorio. Questi parametri non sono facili da determinare e possono variare geograficamente, oltre che cronologicamente.
La generazione di immunità di gregge richiede che si verifichino almeno due eventi fondamentali: che il vaccino abbia una elevata efficacia nel prevenire la malattia ma anche, e soprattutto, nel bloccare la trasmissione del contagio nella popolazione. I vaccini hanno differenze significative di efficacia contro la malattia e, assai più ampie differenze di capacità di impedire l’infezione e quindi la trasmissione e la frequenza del contagio: se un vaccino conferisce una protezione individuale dalla malattia ma non impedisce la diffusione del microbo, la mancata vaccinazione del soggetto ricade come rischio solo sullo stesso e non sulla comunità. Il vaccino antitetanico non genera immunità di gregge, essendo l’agente infettivo non trasmissibile per contagio interindividuale. L’epatite b si contrae attraverso rapporti sessuali non protetti, sangue e, nei bambini, per trasmissione verticale madre-figlio. Il vaccino contro la difterite (contenente l’anatossina) non è stato progettato per prevenire la colonizzazione e la trasmissione di Corinebacterium diphtheriae, e offre un’efficace protezione personale ma non collettiva). Il vaccino attualmente in uso contro la pertosse ha un’efficacia ridotta rispetto al vaccino cellulare precedentemente adottato (fra il 70 e l’80%) e una durata di pochi anni per la perdita piuttosto rapida delle funzioni immunologiche protettive[4]. In più, i vaccini anti-pertosse acellulari non sono in grado di bloccare efficacemente la trasmissione del batterio al resto della popolazione.
Qual è la soglia di copertura vaccinale sotto la quale scatta “realmente” il rischio di epidemia, ovvero sotto la quale la scelta di un soggetto di non vaccinarsi mette “realmente” a rischio la salute collettiva? La determinazione di questa soglia precisa, scientificamente fondata, ha importanza fondamentale nella determinazione etica e giuridica di un obbligo vaccinale, su scelte in cui s’intreccino la tutela del singolo con quella della collettività (in assenza di emergenza e urgenza).
L’affermazione che per tutte le malattie sia “necessario raggiungere il 95% della copertura vaccinale per ottenere l’effetto gregge” contrasta con le indicazioni espresse dall’OMS[5] [6], le cui raccomandazioni sono riportate nella tabella sottostante accanto ai dati delle coperture vaccinale nazionali a 24 e 36 mesi.
VACCINO | Copertura Italia % 24 mesi | Copertura Italia % 36 mesi | Effetto gregge % OMS2008 |
POLIO | 93,43 | 95,37 | 80-86 |
DIFTERITE | 93,35 | 95,33 | 82-87 |
TETANO | 93,56 | 95,42 | Nessuna |
PERTOSSE | 93,33 | 95,27 | 90-95 |
EPATITE B | 93,20 | 95,17 | |
EMOFILO B | 93,03 | 95,17 | 70 |
MORBILLO | 85,29 | 94,96 | 90-95 |
PAROTITE | 85,23 | 89,19 | 75-90 |
ROSOLIA | 85,22 | 89,11 | 82-87 |
VARICELLA | 30,23 | 89,13 | 85-90 |
MEN C | 76,52 | 34,30 | ? |
MEN B | ? | ||
PNEUMOCOCCO | 88,79 | 88,29 | ? |
Non citiamo qui l’ampia letteratura che sostiene valori percentuali differenti per le diverse patologie e che smentisce l’affermazione che la soglia critica è sempre rappresentata da una copertura vaccinale del 95%, lo abbiamo già fatto qui: https://www.assis.it/limmunita-di-gregge/ e qui https://www.assis.it/immunita-gregge-cdc-danno-ragione-ad-assis/ consapevoli che smentire dati oggettivi sia troppo impegnativo e richieda troppa intelligenza e attenzione rispetto alle esigenze politiche e giornalistiche di ridurre sbrigativamente al silenzio chi sia di ostacolo alla creazione di un consenso frutto di censura più che di reale convincimento delle persone.
Le norme sull’obbligo, che sono ispirate a un atteggiamento paternalistico, dogmatico e anacronistico, non affrontano i temi della complessità della salute e si allontanano dalla promozione attiva del benessere dei bambini, dalla prevenzione primaria, sono il simbolo della sconfitta della medicina attuale. Possono essere l’apripista all’introduzione di norme stringenti e coercitive riguardanti vari aspetti di una convivenza che definire civile appare azzardato.
[1] Neither the WHO nor the ECDC advocates mandatory immunisation programmes; as Butler points out, they are difficult to enforce, and compulsory programmes can polarise views on vaccination or lead to more people seeking medical exemption. Ammon explains: “There is no obvious association between mandatory vaccination, without other measures, and increased vaccination uptake in any given country.” More needs to be done, he says, to close immunisation gaps among adolescents and adults
[2] https://ilragionevoledubbio.wordpress.com/
[3] http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=50902
[4] Preston, A. (2016). The role of B. pertussis vaccine antigen gene variants in pertussis resurgence and possible consequences for vaccine development. Human Vaccines & Immunotherapeutics, 12(5), 1274– 1276. http://doi.org/10.1080/21645515.2015.1137402
[5] Bulletin of the World Health Organization 2008;86:140–146
[6] Andre FE et al (2008) Bulletin of the WHO 86: 81-160