Com’è noto, dal 1° settembre prossimo, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 111/2021 il personale, i docenti e gli studenti universitari, per poter accedere allo svolgimento delle attività in presenza, dovranno dimostrare di possedere e saranno tenuti ad esibire la certificazione COVID-19 (ormai ribattezzata eufemisticamente green pass), cioè un’attestazione di trovarsi in una determinata condizione medico-diagnostica che rappresenta, inoltre, titolo autorizzativo per lo svolgimento di determinate attività e, per quanto qui interessa, per l’accesso ai luoghi di lavoro e di studio.
Non è questo il luogo per affrontare i pur seri dubbi di legittimità costituzionale di tale certificazione, specialmente a fronte dei fondamentali diritti al lavoro, allo studio ed alla libertà di insegnamento e di ricerca.
Quello su cui si vuol riflettere in questa sede concerne esclusivamente le modalità con cui la nostra Università intende dare applicazione alle procedure di controllo del possesso della certificazione, procedure disposte con la recente comunicazione del Direttore generale del giorno 11 agosto che, come si vedrà, si pone in evidente contrasto col D.P.C.M. 17 giugno 2021 (che detta le disposizioni attuative del passaporto verde e le relative modalità di controllo) nonché col Parere dell’Autorità garante della riservatezza dei dati personale 229/2021 dello scorso giugno.
La questione si pone nei seguenti termini: con la cennata comunicazione il D.G. ha previsto che, per i controlli, anziché procedere con la app VerificaC19 (introdotta col cennato D.P.C.M.) si procederà con un’autocertificazione nella quale il personale dovrà fornire le seguenti informazioni:
Nome e cognome; Data e luogo di nascita; Tipologia di personale: docente, tecnico-amministrativo, dottorando, specializzando, assegnista, borsista, collaboratore a vario titolo; Struttura di appartenenza/afferenza; Possesso Certificazione verde COVID-19 ovvero possesso di idonea certificazione medica di esenzione; Data di scadenza della Certificazione; Autorizzazione al trattamento dei dati personali per esclusive finalità di tutela della salute pubblica e mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza del servizio essenziale di istruzione (ex art. 1, comma 6, DL n. 111 del 6/08/2021); Firma dell’autocertificazione generata dal sistema (firma analogica, allegando copia della Carta di Identità in corso di validità, oppure firma elettronica).
Occorre in primo luogo evidenziare l’uso distorto del meccanismo dell’autocertificazione dal momento che con la stessa, ai sensi di legge, non è possibile attestare dati sanitari né il possesso di certificati sanitari, bensì solo dati anagrafici e di stato civile, titoli di studio e qualifiche professionali, situazione economica, fiscale e reddituale, eventuali posizioni giuridiche (ad. es., legale rappresentante, tutore, etc.) ed altri dati residuali quali la qualità di studente, casalinga, pensionato, iscritto ad associazioni.
Si prevede quindi l’obbligo per il dipendente di autocertificare una cosa che, per legge, non può essere autocertificata!
Ma è altresì evidente che l’autocertificazione richiesta va ben al di là di quanto previsto dal D.P.C.M. e, suo tramite, dal sottostante parere di legittimità del Garante per la protezione di dati personali del giugno scorso, laddove riconosce validità alla sola App VerificoC19 in quanto consente al verificatore di controllare l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione e di conoscere le generalità dell’interessato, senza rendere visibili al verificatore le informazioni che hanno determinato l’emissione della certificazione (guarigione, vaccinazione o esito negativo del test molecolare/antigenico rapido) e senza conservare i dati relativi alla medesima oggetto di verifica.
Inoltre in detto parere il Garante ha ritenuto espressamente di precisare che
“l’uso di certificazioni, che attestino l’avvenuta vaccinazione o guarigione da Covid-19, o l’esito negativo di un test antigenico/molecolare, diverse da quelle indicate nello schema di decreto in esame, ovvero l’uso di strumenti di verifica (…) ulteriori rispetto a quelli ivi indicati non possono ritenersi ammissibili perché non garantirebbero in ogni caso il rispetto del principio di esattezza dei dati trattati“.
Prosegue il Garante: “L’App VerificaC19, individuata dal Ministero della salute quale unico strumento di controllo a disposizione del verificatore, consente infatti di rilevare esclusivamente l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione e di conoscere le generalità dell’interessato a cui la stessa si riferisce, senza che siano visibili le informazioni che ne hanno determinato l’emissione. Il soggetto deputato al controllo non viene, quindi, a conoscenza della condizione (vaccinazione, guarigione, esito negativo di un test Covid-19) alla base della quale è stata emessa la certificazione, né può conoscere la data di cessazione della validità della stessa”.
Peraltro, la modalità prefigurata dal DG UNIPI non fornisce alcuna indicazione né in ordine alla gestione e conservazione delle autocertificazioni (durata, responsabile, luogo, soggetti…) né a chi potrebbe effettuare il controllo sull’invio dell’autocertificazione o sul possesso della certificazione verde. Anche tale aspetto rileva al fine del rispetto della normativa in tema di riservatezza, considerato che il Garante ha da sempre evidenziato la necessità di una stretta predeterminazione ed individuazione dei soggetti ai quali è affidata l’attività di controllo e gestione dai dati raccolti.
Ed infine occorre evidenziare che lo stesso D.L. 111/2021, all’art. 1, co. 6, (pur richiamato dalla comunicazione del DG), nell’introdurre l’obbligo di certificazione verde dispone espressamente che i relativi controlli devono essere effettuati ai sensi dell’art. 9, co. 10. D.L. 52/2021 convertito con L. 87/2021, e cioè con le modalità stabilite dal citato D.P.C.M. del 17 giugno 2021 che introduce l’uso della app VerificoC19.
Quindi la deliberazione del DG di UNIPI è illegittima e potrà essere oggetto di impugnazione, in sede di TAR, oppure disapplicata dal giudice ordinario in fase di impugnazione vuoi di eventuali sanzioni amministrative vuoi di provvedimenti di sospensione del lavoratore.