Il 12 agosto 2023, la Commissione Medico Scientifica Indipendente (CMSi), ha pubblicato il Comunicato n°9 invitando l’OMS e l’ISS a presentare dati trasparenti sulla mortalità per stato vaccinale.
La CMSi aveva inviato il 4 giugno 2023 una lettera aperta alla Direzione Generale OMS, chiedendo una discussione scientifica sull’insistenza non giustificata dalle prove con cui l’OMS continua a sostenere ripetute vaccinazioni anti-COVID.
L’OMS ha inviato risposta, senza entrare nel merito delle argomentazioni, ma invitando a consultare gli studi che sta raccogliendo in modo sistematico su efficacia e sicurezza di questi vaccini, assicurando che i suoi esperti seguono i più alti standard di evidence nel valutare la documentazione disponibile, e dichiarando di aver comunque già allentato le precedenti raccomandazioni vaccinali.
La protezione cala nei vaccinati
La CMSi aveva esaminato nell’ordine e discusso i contenuti degli studi più recenti segnalati dalla stessa OMS, mostrando (come si può verificare) che i dati relativi confermano in realtà le sue posizioni: nonostante un follow-up di pochi mesi, gli studi mostrano come l’efficacia contro l’infezione da SARS-CoV-2 si riduca a zero e talvolta diventi addirittura negativa rispetto ai non vaccinati. Anche la protezione contro la COVID grave diminuisce piuttosto rapidamente, e la strategia di contrasto finora adottata è stata in pratica solo di anticipare la somministrazione di booster.
Anche i vaccini “aggiornati” non sembrano tenere il passo con la continua generazione di varianti immuno-evasive, come in sostanza conferma anche un grande studio ISS, che l’OMS non aveva ancora inserito. Gli autori rilevano che la protezione con un 2° richiamo monovalente non è più significativa già dopo 2 mesi, e sembrano affermare che con un nuovo richiamo bivalente (originale/BA.4-5) la protezione da 2 a meno di 4 mesi è stata del 34,7%. Tali dati vanno ulteriormente ridimensionati in base alle osservazioni dell’editoriale di The Lancet
Forse i dati sui vaccini anti-Covid sono stati un’illusione statistica?
In gran parte del mondo gli studi hanno adottato uno spostamento sistematico dei risultati delle iniezioni vaccinali nei 14 giorni successivi a ciascuna iniezione, trasferiti allo stato vaccinale precedente. Cioè, quanto accade nei 14 (o 7, o 21) giorni successivi alla prima iniezione è imputato al gruppo dei non-vaccinati, e quanto accade nei primi 14 giorni dopo rispettivamente la seconda, la terza e la quarta dose è (retro)attribuito ai soggetti che erano a dose singola, doppia o tripla. Questo spostamento provoca un’illusione statistica che può mostrare un’efficacia vaccinale fittizia anche con un vaccino inerte, o può persino mostrare un’efficacia positiva (almeno nei primi mesi) con un vaccino con efficacia negativa, come hanno dimostrato i prof. Norman Fenton e Martin Neil (Matematico e Statistico Bayesiano alla Queen Mary University di Londra, rispettivamente). Essi hanno documentato una scioccante illusione statistica.
Qatar, dopo l’emergenza di Omicron l’efficacia è diminuita nei soggetti vaccinati
Un altro colpo alla narrativa corrente arriva da una ricerca (Qassim, 2023) appena pubblicata su Lancet – non ancora inclusa nella revisione OMS – per stimare l’immunità a livello di popolazione del Qatar conferita da una previa infezione da SARS-CoV-2 o dalla vaccinazione, rispettivamente contro la reinfezione o contro l’infezione post-vaccinale.
Dopo l’emergenza di Omicron, l’efficacia è diminuita, soprattutto nei soggetti vaccinati con tre dosi. L’efficacia di una serie vaccinale primaria contro l’infezione è sempre risultata in tendenza inferiore a quella dei non vaccinati, anche se il declino è stato soprattutto marcato dopo il booster.
In particolare, l’efficacia contro forme gravi in chi ha superato l’infezione naturale è stata sempre superiore al 91% sino a fine 2022, mentre nei vaccinati con due dosi la protezione a fine 2022 non era già più significativa, e quella da tre dosi a maggio-luglio è scesa a un 43,6% (non significativo), pur risalendo poi al 90% come probabile effetto di nuovi contagi con varianti Omicron, che l’hanno (temporaneamente?) rilanciata. Ciò ha fatto dichiarare agli autori che “lento declino (di efficacia verso la COVID grave) è sembrato riguardare solo l’immunità vaccinale.”.
Richiesta di inaugurare un nuovo corso nella presentazione dei dati ISS (e ISTAT) su esiti sanitari per stato vaccinale
Infine, c’è grande controversia sull’entità di reazioni avverse ed eventi avversi a seguito di queste vaccinazioni, documentata da un “divario di circa 1000 volte tra la sorveglianza passiva AIFA e le fonti ufficiali di sorveglianza attiva”. Per affrontare la controversia in base alle prove, oltre ad attivare una vera sorveglianza attiva (che oggi in Italia non esiste), la CMSi ritiene necessario riformare i sistemi di raccolta e comunicazione dei dati, accettando un dibattito scientifico aperto sul tema. “L’interesse di chi riceve l’iniezione, ma anche di chi decide le politiche sanitarie per il bene della collettività, è conoscere in modo trasparente tutte le conseguenze di quell’inoculazione, nel bene e nel male, e da quell’istante in poi (anche conseguenze a lungo termine, favorevoli o meno).” – afferma il comunicato.
Una richiesta è quindi che le istituzioni continuino a presentare i dati anche nella modalità attuale rendendo però espliciti gli aggiustamenti che attuano perché ritenuti opportuni.
Inoltre l’ISS dovrebbe, in coordinamento con l’ISTAT, rendere subito disponibili anche i dati grezzi, senza aggiustamenti, comprensivi di tutti gli eventi sanitari (infezioni di qualsiasi natura, altri eventi di interesse sanitario, ricoveri, decessi) dall’istante successivo a ciascuna inoculazione, cosa che oggi avviene in modo distorto.
La CMSi, inoltre richiede “di evitare ogni forma di censura e di ascoltare commenti e suggerimenti anche da voci critiche e posizioni diverse (purché facciano esplicito riferimento al metodo scientifico e alla discussione delle prove disponibili). Questo dibattito scientifico dovrebbe avvenire anche in contesti istituzionali, senza imporre dogmi o pregiudiziali aree di esclusione, consentendo alla normale dialettica scientifica di migliorare l’interpretazione dei dati e di correggere eventuali gravi errori nelle strategie di sanità pubblica adottate”.