Nei giorni scorsi Quotidiano Sanità ha pubblicato un articolo dal titolo “Covid. Nella fascia di età 5-11 vaccino efficace al 29% contro l’infezione e 41% contro malattia grave. Lo studio Iss e Ministero“, anche la CMSi ha analizzato l’articolo che ha ispirato le riflessioni di QS arrivando alla conclusione che “Nei 5-11enni la protezione vaccinale dall’infezione da Omicron è mediocre? In due mesi sembra diventare persino negativa” (abbiamo già scritto QUI del calo di efficacia della vaccinazione).

Tutto nasce dalla pubblicazione su Lancet di un enorme studio nazionale retrospettivo effettuato dall’ISS, su dati individuali di tutti i bambini italiani. Gli autori concludono dicendo che il vaccino non è poi così efficace MA non indicano che i risultati presentati sovrastimano quelli reali. Infatti, esaminando i dati settimanali, pubblicati da mesi nei Report estesi ISS, è evidente come dalla settimana del 23 marzo (Tabella 7A, in seguito 4A), le percentuali di infezioni nei bambini italiani vaccinati con due dosi hanno superato costantemente quelle dei non vaccinati, fino al Bollettino del 22 giugno compreso.

Le motivazioni della divergenza dei dati:

  1. il follow-up parte dal 17 gennaio con i primi bambini vaccinati con 2 dosi monitorati nel periodo di “luna di miele” con il vaccino, delle prime settimane/mesi, e si interrompe il 13 aprile, cioè poco dopo l’inizio della negativizzazione (iniziata dai Bollettini 23 marzo, 30 marzo6 aprile…)
  2. l’ISS non dichiara tale inizio di negativizzazione, e mantiene la pratica abituale di presentare “medie pesate di periodo”, anziché gli andamenti settimanali (progressivi), che renderebbero la tendenza più chiara. Si veda infatti la retta in lieve discesa con cui l’ISS unisce nella Fig. 3 i giorni dal 43 all’84 (perché non dettagliare periodi quattordicinali, come aveva fatto fino a quel momento?), che non fa rilevare che dal 23 marzo alla fine del follow-up su Lancet gli stessi dati ISS mostravano già VE negativa nei bambini.
  3. E’ presente un artefatto: nella Tab. 4A dell’ultimo Bollettino pubblicato compare una colonna che riporta che in ben 436.226 bambini 5-11enni a più di 4 mesi (>120 gg) dalla 2a dose di vaccino, non si sarebbe registrata alcuna diagnosi di COVID-19; se questi dati miracolosi (zero diagnosi, con le varianti B.2, B.4 e B.5, su quasi 440 mila bambini) si sommano alle diagnosi dei vaccinati da ≤120 gg, la media delle diagnosi sui vaccinati si abbassa, e proprio ora torna a incrociare i livelli dei non vaccinati. Come spiegarlo? A nostro parere i bivaccinati da più di 4 mesi hanno contratto la Omicron ricavandone una protezione robusta e più duratura di quella di una 3a dose di vaccino.

Domanda: perché questa infezione non verrebbe registrata? Pensiamo per almeno tre motivi:

  1. moltissime Omicron sono asintomatiche, e il residuo di protezione anticorpale da ciclo vaccinale di base può rendere ancor più probabile per questi bambini contrarla in forma asintomatica
  2. Per quanto al punto 1), anche chi sviluppa sintomi ne ha in genere pochi, e le famiglie – convinte di aver protetto i bambini con le due dosi – non pensano alla COVID-19, ma a banali malattie respiratorie
  3. Alcuni bambini, con sintomi più marcati, fan venire dubbi. Il sospetto è che in questi casi la famiglia possa effettuare qualche tampone casalingo, che potrebbe risultare positivo. Ma a quel punto non avrebbe incentivi a dichiarare la positività, affrontando quarantene, rinvio di vacanze programmate, ecc., e potrebbe pensare: “ho fatto tutto il possibile, le due vaccinazioni richieste! A questo punto, anche se l’ha presa, il bambino non sarà contagioso, o lo sarà molto meno…”. E può non dichiararlo. Invece, in molte famiglie di bambini non vaccinati (chi non li ha vaccinati finora è perché non vuole), può prevalere l’incentivo opposto. Hanno infatti più convenienze a dichiarare l’infezione, ottenendo così qualche mese senza lo stress di dover difendere i figli da spinte del sistema sanitario e sociale a farli vaccinare.

Consigliamo di leggere tutte le motivazioni della CMSi,