Nel numero di marzo-aprile 2022 sulla Rivista di Psichiatria è apparso l’articolo L’altra pandemia a firma del prof. Giuseppe Bersani, psichiatra, psicoterapeuta, professore ordinario di Psichiatria dell’Università di Roma.
In modo del tutto inusitato l’incipit dell’articolo consta di una sola parola: “Idioti”.
Date le qualifiche accademiche e il ruolo professionale dell’autore, questo termine sembrerebbe costituire una diagnosi ma è difficile per il lettore non prenderlo per un insulto. E’ inconsueto, soprattutto per un medico, porre la diagnosi prima dell’anamnesi e degli esami che porta a definirla. In questo senso, l’irruzione ingiustificata di un termine così inappropriato nell’incipit di un paper fa pensare a un impulso incontrollabile da parte di chi scrive, irrefrenabile perfino dopo lo scrutinio razionale operato ai fini della pubblicazione. L’inusitata e sconcertante ouverture è degno preludio della gravità dell’assunto, esposto senza infingimenti fin dal riassunto. Bersani postula che sia in atto nel Paese “un fenomeno psichico di negazione della realtà della pandemia, dei dati della ricerca scientifica su di essa all’interno dei gruppi dei cosiddetti movimenti no-vax”. Il giudizio di incontrovertibile oggettività implicato da questa constatazione, fonda per Bersani la necessità di oltrepassare l’attuale prassi della psichiatria che formula diagnosi di patologia mentale a livello individuale. L’autore intende sovvertire i presupposti della psichiatria classica per introdurre la possibilità di una diagnosi collettiva di schizofrenia paranoica che includa tutti i membri di quella parte di popolazione, non importa quanto grande essa sia, che mostra di non credere alla narrazione prevalente. Per gestire incisivamente questo inedito fenomeno di patologia mentale collettiva, egli rivendica per gli psichiatri un ruolo più diretto e incisivo di quanto non sia avvenuto finora.
Le parole chiave dell’articolo (Covid-19, pandemia, teorie cospirative, opposizione al vaccino, psicopatologia, disturbi psicotici e di personalità) attingono al repertorio stereotipato del complottismo di maniera suonando ancora più inquietanti in un contesto che vuole presentarsi come “scientifico”: sembra di scorrere l’elenco dei capi di imputazione di un processo di natura socio-psicologica per colpire tutto insieme un gruppo di popolazione che pretende legittimamente di esprimersi e di esercitare fondamentali diritti naturali e civili, come la libertà di scelta, di autodeterminazione e l’inderogabile affermazione della inviolabilità del proprio corpo.
Non è facile scegliere il registro stilistico più adeguato per commentare con il giusto distacco ed ironia da un lato la banalità disarmante delle osservazioni dell’autore; dall’altro per non minimizzare in alcun modo la sua pericolosa ferocia dalle premesse alle proposte conclusive.
“Idioti. È molto semplice ridurre a questa definizione un fenomeno psichico con vastissime ripercussioni sociali che sta assumendo una dimensione assolutamente imprevedibile fino a tempi immediatamente precedenti il momento storico attuale. “Idioti” sono coloro che nel contesto planetario della pandemia di covid-19 ne negano la stessa esistenza, o attribuiscono a essa un’origine intenzionale decisa da fantomatici centri di potere globale e finalizzata al controllo totale sulla popolazione mondiale, o non riconoscono efficacia o utilità della vaccinazione di massa o di altre misure rivolte al suo contenimento, o vedono in queste un ulteriore strumento di manipolazione e controllo (…) Un affollamento di ipotesi che rifiutano alla base la visione scientifica della pandemia, formulano in modo non criticabile teorie prive di qualunque fondatezza obiettiva, si rinforzano tra di loro nonostante la spesso reciproca incompatibilità logica. Oppure, più subdolamente e a volte da parte di figure dotate di migliori strumenti intellettuali o di più spiccate tendenze al protagonismo e alla ricerca di visibilità, contestano la validità delle scelte operative dei governi, minano la credibilità delle politiche sanitarie, introducono dubbi sull’utilità o l’innocuità delle vaccinazioni di massa.”
Nella sua volontà semplificativa, l’autore mostra di ignorare se vi sia una qualche plausibile fondatezza (almeno da parte delle “figure dotate di migliori strumenti intellettuali”) di un fenomeno emergente, peraltro suffragato ormai da una massa di dati in costante aumento a livello mondiale, fenomeno che a lui medesimo appare in continua espansione e che riconosce addirittura come trasversale e diffuso ad ogni livello culturale e socio-economico, indipendentemente dalla provenienza ideologica e qualificazione professionale.
Malgrado questa ammissione, già di per sé contraddittoria con la tesi riduttiva di una subcultura di appartenenza, nessun dubbio sfiora l’autore che quella parte eterogenea di popolazione “certamente favorita da carenze educative di base ma non prevenuta dall’assenza di queste” possieda appunto e usi tutte le risorse che la rete rende oggi facilmente disponibili, ottenendo dati e prove di eccellente qualità per trarre le proprie autonome deduzioni sulla ossessiva campagna propagandistica perseguita da due anni dalla maggioranza dei mezzi di informazione. Bersani conclude dunque che “l’elemento centrale del fenomeno è costituito dalla negazione della realtà e dalla sostituzione della visione obiettiva di questa con convinzioni svincolate dalla sua verifica”, e giunge a chiedersi se la situazione permetta di applicare a tutti i protagonisti la definizione di “idioti”. Nella storia della medicina, idiozia – termine ormai caduto largamente in disuso – definisce una situazione di oligofrenia, ovvero di insufficienza mentale, cioè una condizione che concerne il dominio cognitivo e non la psicosi in senso clinico ma, come l’autore stesso precisa più avanti, “alcune tematiche possono rientrare con assoluto diritto nell’ambito di un significato strettamente psicopatologico, se non specificamente delirante”.
Per poter formulare una diagnosi clinica non su un individuo ma su un gruppo esteso di popolazione, l’autore si scontra con la prassi invalsa nella psichiatria classica che diagnostica un soggetto come uno psicotico delirante proprio perché mostra con le parole e con le azioni di discostarsi dalle convinzioni e abitudini mentali del suo gruppo di appartenenza: il suo stesso esplicito stupore di dover ribaltare tutte le consolidate condizioni nosografiche per confermare la sua tesi non gli impedisce di aderire alla sua propria contraddizione, ribadendola contro ogni oggettiva evidenza.
I no-vax, dice Bersani, sono numerosissimi, e questo non è compatibile con la diagnosi di disturbo di personalità paranoide o schizoide, che si può riferire solo a un numero limitato di individui. Per di più, a differenza delle circostanze classiche, invece di dissociarsi dalle idee e tendenze del gruppo, tutti vi partecipano attivamente, presentando un quadro patologico “certamente non prevedibile in tali dimensioni prima del momento storico attuale. (…) Quella attuale rappresenta una situazione assolutamente nuova nelle sue dimensioni (…) con il disvelamento di meccanismi psichici esistenti nell’apparato psichico, meccanismi arcaici, come quelli interpretativi, successivamente strutturati in elaborazione persecutoria, e che attraverso una sorta di contagio psichico gruppale, hanno avuto modo di occupare la scena della coscienza individuale e collettiva. (..)”
Riportiamo integralmente la sua sintesi finale perché essa è così candidamente – e, immagino, involontariamente- realistica e veritiera da far venire il sospetto che l’autore medesimo sia vittima di un fenomeno di accecamento di cui non si accorge nonostante l’atto di analizzare il fenomeno e di scriverne:
“La risposta emotiva alla gravità della minaccia (…) sembra costituire, nello spazio sconfinato dei social media, un nuovo reale sentimento di appartenenza al mondo dell’opposizione alla visione “precostituita” e “ufficiale” dell’epidemia, così da rendere possibili esplicite manifestazioni di massa del dissenso, evoluto e articolato in visioni politiche, anche se non già confusamente ideologiche.”
Non pago di questa prima capriola acrobatica per superare la propria contraddizione (riuscendo così a dare un quadro reale e veridico della situazione che vorrebbe invece sottoporre a processo), Bersani non teme di crearne subito un’altra, anch’essa d’improbabile soluzione. Se i No-vax sono soggetti paranoici dovrebbero avere una paura incontrollabile di un pericolo inesistente. Ma nel caso della pandemia, Bersani deve constatare con stupore che la patologia psichica collettiva si esprime addirittura all’incontrario dell’atteso. Di fronte al pericolo reale (la malattia mortale del Covid19), i No-vax agiscono in supremo sprezzo della morte sfidando la malattia pur di non sottoporsi al vaccino. Ecco dunque a quale contorsione intellettuale lo psichiatra sottomette le sue consolidate nozioni pur di giustificare l’assunto di base.
“Nello stesso tempo, la negazione della realtà della pandemia potrebbe essere letta come la negazione dei propri limiti personali, della propria vulnerabilità e anche, a livello inconscio, della propria stessa mortalità. Così descritto, il diniego rappresenta la difesa ultima alla paura di infettarsi e di morire. La paura della morte, quindi, comporterebbe come estrema difesa la sua stessa negazione. Potrebbe essere questo il meccanismo attivo nei numerosissimi casi di persone non vaccinate e gravemente malate che non accettano il ricovero e/o le cure, incrementando nei fatti, ma non nella loro fantasia, il reale rischio di morte. D’altro canto, è possibile anche osservare la costruzione di una visione fondata su un narcisismo che ipertrofizza il sentimento del sé e rifiuta le considerazioni razionali che tentano di fornire una, per quanto possibile, obiettiva valutazione del rapporto tra dimensione generale del pericolo e rischio per la propria personale incolumità individuale”.
A fronte della mole di dati prodotti in questi due anni dai più grandi epidemiologi del mondo sull’andamento della mortalità per Covid, in considerazione della preoccupazione sulla esorbitante quantità di eventi avversi correlabili alle vaccinazioni di massa, mentre decade in continuazione l’efficacia protettiva dei vaccini medesimi, genera sgomento che un accademico della Facoltà di Medicina continui a sostenere posizioni relative alla pandemia, causa prima delle sue ipotesi diagnostiche, prive ormai di qualsiasi conferma statistica e epidemiologica. Ancor più fa specie che, pur descrivendo con ricchezza di dettagli oggettivi una realtà di fatto che coinvolge molti milioni di cittadini sul pianeta, non la riconosca per quello che è: un vasto movimento di opposizione critica, trasversale alle classi socio-culturali, legittimo a prescindere in ogni regime democratico. E arrivando fino ad impegnarsi in una paradossale inversione di principi clinici fondamentali pur di affermare il contrario della verità che gli sta davanti e propugnare la patologizzazione di una normale e lecita espressione di dissenso.
E’ forse per questo che la conclusione dell’articolo – forse il vero scopo dello stesso – appare particolarmente inquietante e non può essere né minimizzata né elusa.
Bersani rivendica per gli psichiatri un ruolo incisivo di contrasto a quella che lui ha deciso di diagnosticare come un’“altra epidemia”
“La voce degli psichiatri, ormai agli occhi dell’opinione pubblica declassati da “pensatori” a “operatori”, quasi mai compare nello sconfinato dibattito su ogni possibile aspetto della pandemia. Potrebbe forse concretizzarsi in un imminente futuro l’ipotesi, inizialmente impensabile ma adesso di sempre maggiore potenziale realismo, che accanto alla voce degli infettivologi, dei virologi e dei gestori della salute pubblica divenga necessario ascoltare anche quella degli psichiatri, alla fine costretti a riflettere e a prendere consapevolezza dell’esistenza e dell’urgenza di comprendere e gestire, accanto all’emergenza della pandemia di covid-19, anche quella di un’“epidemia parallela”, i cui sviluppi e le cui conseguenze sociali, culturali e mentali, potrebbero essere, se possibile, ancora più gravi e devastanti di quelli legati all’epidemia infettiva”.
Non abbiamo dimenticato che Franco Basaglia in Italia smantellò l’istituzione psichiatrica come controllore istituzionale del dissenso, ideologico e politico, ci è sempre presente quale devastante potere biopolitico la psichiatria ha esercitato nei secoli a servizio dell’autoritarismo politico, su cui ci aprirono gli occhi le illuminanti analisi di Michel Foucault e Ivan Illich.
Non accetteremo che, in nome di imbarazzanti tentativi di diagnosi clinica, dal Novecento riemergano gli altri spettri di contenimento fisico e controllo mentale: gulag, lager e campi di rieducazione.
Se invece stiamo esagerando a prenderlo troppo sul serio, allora Bersani è come quel tale che guidando contromano in autostrada accende la radio e sente l’allarme “A tutte le auto! Un pazzo sta guidando contromano sulla Torino-Milano!”. E lui: “Come uno?!! TUTTI!!!!”
Quos Deus perdere vult, dementat prius