Siamo ormai sopraffatti dalle notizie, dalle prove, dai dati che dimostrano quanto sia stata falsa la descrizione della pandemia sinora fornita, e quanto siano state inefficaci le politiche adottate per fronteggiarla. I bambini vaccinati si contagiano di più dei non vaccinati!
E’ il momento di tracciare una linea, di stabilire con chiarezza alcuni punti fermi, che elencherò sinteticamente.
- I vaccini disponibili non sono capaci di proteggere dall’infezione. Non riducono il rischio di contagio, anzi i vaccinati con due dosi hanno già dimostrato di poter diventare nel corso dei mesi più suscettibili all’infezione rispetto ai non vaccinati. Non ci sono prove nel tempo che questo allarmante fenomeno non si verifichi anche con la 3a dose, e i segnali di declino della protezione relativa già si moltiplicano, senza che si possa escludere l’ipotesi di un indebolimento del sistema immunitario.
- Le persone completamente vaccinate diffondono il SARS-CoV-2 con cariche virali simili agli individui non vaccinati quando si ammalano.
- Nessuno parla più di eradicazione del virus (eppure autorevoli esponenti delle Istituzioni lo hanno fatto), nessuno indica i valori utili per ottenere l’immunità di gregge (eppure molti virologi avevano azzardato previsioni rivelatesi false).
- La protezione dall’infezione conferita dal ciclo vaccinale è molto buona dopo i primi 14 giorni, declina però rapidamente nel corso dei mesi, azzerandosi o quasi dai 5 mesi dopo la 2a dose, fino persino a invertirsi, nel senso che i soggetti completamente vaccinati diventano addirittura meno protetti dall’infezione rispetto ai non vaccinati.
Queste premesse, ed altri dati che esporrò, ci inducono a delle considerazioni.
Oggi siamo ad una svolta della pandemia grazie alla variante Omicron che determina una malattia più lieve e diffusiva. La decisione di vaccinare i bambini e gli adolescenti può rivelarsi pericolosa e controproducente.
Pericolosa perché stanno emergendo con forza le reazioni avverse causate dalla somministrazione di massa dei sieri. Per i maschi giovani, il rischio di miocardite e pericardite, di sindrome coronarica acuta e di arresto cardiaco non può essere più taciuto; è ammesso da fonti ufficiali, come il Ministero della salute d’Israele e gli stessi CDC (che pure continuano a consigliare la vaccinazione in questa fascia di età), oltre che descritto da centinaia di articoli scientifici.
Controproducente: lo dimostrano i dati che settimanalmente fornisce l’Istituto Superiore di Sanità.
Al 16/3/22 i bambini con ciclo vaccinale di base completo erano meno suscettibili all’infezione rispetto ai non vaccinati, con un rischio di infezione sintomatica minore del 9,2%
Già dal bollettino successivo, del 23/3/22 il rapporto si inverte, per cui sono i bambini con ciclo vaccinale di base completo ad essere più suscettibili all’infezione rispetto ai non vaccinati, con il 10% in più di rischio di infezione sintomatica.
Il rischio aumenta ogni settimana: al 30/3 sale al 19,1%, al 6/4/22 aumenta al 21,6%, al 13/4 raggiunge il 23,4%, al 20/4 si attesta al 25,2%, al 27/4 siamo al 28,9%, e con l’ultimo bollettino, del 4/5 ci fermiamo al 32,9%.
Li riassumo in tabella:
Di seguito l’andamento del monitoraggio dell’ISS: il grafico riporta il tasso di incidenza dei casi di COVID-19 ogni 100 mila bambini di 5-11 anni.
Il bollettino fornisce i dati senza alcun commento, senza calcolare il rischio relativo nei due gruppi di popolazione (vaccinati e non vaccinati).
Ringrazio il dott. Alessio Iodice, responsabile del sito STAT SALUTE consultabile al link https://www.statsalute.com/ per i calcoli ed i continui aggiornamenti.
La stragrande maggioranza degli individui affetti da SARS CoV-2 sviluppa un’immunità naturale sia cellulo-mediata che umorale efficace nel tempo, che fornisce una protezione sia nei confronti della reinfezione che di un’eventuale malattia grave. Una ricerca svedese, con un follow-up dopo infezione naturale fino a 20 mesi, mostra una protezione del 95% dall’infezione e dell’87% dai ricoveri in chi non ha aggiunto vaccinazioni. La pregressa infezione da Sars-Cov2 garantisce maggiore protezione rispetto a quella offerta dal vaccino a dose singola o doppia.
Il rischio di re-infezione è molto ridotto. Anche a oltre un anno di distanza dall’infezione primaria nei non vaccinati è rimasta una protezione intorno al 70%, benché una successiva vaccinazione la alzi ulteriormente. In caso di reinfezione, la carica virale è circa 10 volte inferiore a quella relativa ad un’infezione primaria.
La severità dei sintomi della reinfezione risulta nettamente inferiore rispetto alla infezione primaria, con un grado minore di ospedalizzazioni (0,06%) e quasi nessun decesso correlato.
La variante Omicron è altamente contagiosa ma meno pericolosa delle precedenti; si è verificata una riduzione del rischio di ospedalizzazione per Omicron rispetto alle infezioni da variante Delta. In Inghilterra su oltre 1,5 milioni di casi (oltre un milione con Omicron e 450.000 con Delta) Omicron nei non vaccinati è risultata 5 volte meno letale di Delta nell’insieme delle fasce di età, e circa 10 volte meno nella mezza età.
Rispetto alle varianti precedenti, la Omicron ha diminuito in modo marcato l’efficacia protettiva sia di un’infezione pregressa, sia delle vaccinazioni. Comunque, chi ha superato l’infezione naturale è protetto da un’infezione da Omicron un po’ più di chi ha fatto due dosi di vaccino (la differenza, 61,9% rispetto a 55,9%, non è statisticamente significativa, ma è noto che la protezione da vaccinazione declina nei mesi assai più rapidamente di quella che segue a un’infezione naturale, oltre a non fornire la protezione delle mucose conferita dall’infezione naturale).
Tutto questo ci porta alla necessità di discutere, in base a dati scientifici le strategie che consentano lo sviluppo dell’immunità naturale nei gruppi a minimo rischio di forme gravi di COVID-19, proprio perché, allo stato delle conoscenze, l’immunità acquisita con l’infezione naturale è più robusta e duratura di quella vaccinale. Ciò dà un vantaggio individuale al bambino, ma anche alla sua famiglia, ai nonni e all’intera comunità. Evitare il contagio dei bambini li espone al rischio di contrarre la malattia in età più avanzate, con maggiori possibilità di decorsi più gravi, mentre in età pediatrica la malattia è quasi sempre lieve o asintomatica e produce un’immunità naturale persistente.