Alla notizia del Nobel per la Medicina a Katalin Karikó e Drew Weissman, artefici dei vaccini mRNA anti-Covid 19 , il mio primo pensiero è andato al “coraggio” che la giuria ha dimostrato con tale scelta. Sì, perché ci vuole davvero coraggio nel celebrare chi ha contribuito a realizzare i vaccini antiCovid 19 alla luce sia di ciò che oggi sappiamo su tali prodotti, sia dei conflitti di interesse esistenti: la Karicò è vice presidente senior di Pfizer BioNTech ed esiste una collaborazione strategica di Moderna col Karolinska Institutet, cui compete la scelta per l’assegnazione del Nobel per la Medicina.
Non c’è che dire: un premio davvero “super partes”!
Come già detto da altri, questo Nobel ha più il sapore di un riconoscimento “politico” piuttosto che “scientifico”, un “puntello” a prodotti su cui mai è stato avviato quel confronto scientifico serio e trasparente da più parti richiesto.
Purtroppo l’esperienza quotidiana e la letteratura scientifica attestano una realtà ben diversa dalla narrativa corrente e quelle che all’inizio della pandemia erano ipotesi di pochi e sparuti ricercatori e medici, trovano oggi inquietanti conferme. Ricordo che l’assenza di prove sull’efficacia di questi vaccini nel prevenire l’infezione è stata ammessa perfino dalla rappresentante di Pfizer che, a specifica domanda in audizione al Parlamento Europeo il 13 ottobre 2022, ha risposto: “Mi chiede se sapevamo che il vaccino interrompesse o no la trasmissione prima di immetterlo sul mercato? Ma no. Sa, dovevamo davvero muoverci alla velocità della scienza“. Ma anche ammessa oltre un anno prima nell’imbarazzante dichiarazione TV dell’ex direttrice dei CDC USA Walensky in una trasmissione l’8 agosto 2021: “Vaccini … funzionano bene con Delta per quanto riguarda la malattia e la morte gravi. Ma quello che non possono più fare è impedire la trasmissione “.
Tuttavia, ancor maggiore preoccupazione destano i dati relativi alla sicurezza: gli effetti avversi segnalati (alterazioni ematologiche, metaboliche, danni all’apparato cardiovascolare, renale, al sistema immunitario, nervoso, tumori etc.) non risparmiano alcun distretto dell’organismo.
Numerosi sono gli aspetti ancora da chiarire, ma si può certamente affermare che la Spike vaccinale non viene degradata nel giro di pochi giorni/settimane perché la sua produzione può perdurare per mesi e, grazie alle nanoparticelle lipidiche in cui l’mRNA è incapsulato, può diffondere e raggiungere ogni parte del corpo attivando una risposta autoimmune che coinvolge e danneggia i vari organi.
Due importanti aspetti sono di recente emersi. Nella nuova versione di autorizzazione dei vaccini Pfizer e Moderna, redatta il mese scorso, EMA e Commissione Europea hanno riportato un “aumento del rischio di sviluppare miocardite e pericardite. Alcuni casi hanno richiesto terapia intensiva e si sono osservati casi fatali”.
La frequenza di tali gravi complicanze non è affatto rara (tra 1/1000 e 1/10.000) o molto rara (tra 1/10.000 e 1/100.000), come finora emerso dalla farmacovigilanza passiva, ma ben più alta e due studi ben condotti di farmacovigilanza attiva attestano che l’incidenza è circa 1000 volte maggiore di quella ammessa.
Uno studio Tailandese, condotto su 301 adolescenti, con pochi semplici esami prima e subito dopo la 2a dose di vaccino Pfizer, ha documentato un 29% di effetti cardiovascolari prima non presenti e ben un 2,33% di miocarditi o pericarditi confermate o probabili.
Risultati anche peggiori da uno studio condotto su 777 sanitari di un ospedale Svizzero che ha evidenziato il 2,8% di miocarditi dopo la 3a dose del vaccino Moderna, maggiormente colpite le donne.
Anche l’ipotesi che le miocarditi fossero conseguenza della Covid 19 e non del vaccino è stata smentita da un grande studio condotto nel 2020 in Israele su quasi 200.000 adulti che avevano superato la malattia e 600.000 adulti negativi al SarS-Cov2 e da cui è emerso che l’incidenza di miocarditi e pericarditi era del tutto simile fra i due gruppi.
La Spike vaccinale è stata ritrovata in 15 casi di biopsie cardiache condotte in pazienti con mio-pericardite post vaccini mRNA ed il suo ruolo cruciale nell’insorgenza di danni cardiaci emerge da uno studio pubblicato su Circulation. In 16 giovani adulti maschi con miocardite dopo vaccinazione antiCOVID-19 era presente in circolo la Spike con livelli pari a 33,9 +/-22,4 pg/ml, mentre in 45 soggetti di controllo parimenti vaccinati sani era indosabile.
Mio/pericarditi anche sub-cliniche non sono mai patologie banali poiché le cellule del cuore non si rigenerano e possono esitare “cicatrici” tali da alterare la conduzione elettrica, originando anomalie pericolose, quali aritmie. Davanti ai tanti casi di malore improvviso, spesso fatale, che si registrano in persone giovanissime e sane quanto sopra non può più essere ignorato e la CMSi ha avanzato in merito una articolata proposta.
Anche il potenziale effetto cancerogeno dei vaccini a mRNA ha trovato ulteriori conferme.
Già nell’agosto 2022 Ute Kruger, patologa presso l’Università di Lunds in Svezia, aveva coniato l’espressione “Turbo Cancer” per indicare la comparsa di tumori di grandi dimensioni ed estremamente aggressivi anche in persone giovani. Il Prof Angus Dalgleish, Direttore di Oncologia alla St George’s University di Londra, in una intervista riferiva di aver scritto una lettera al British Medical Journal riportando identica esperienza e ne vedeva la causa nelle profonde alterazioni indotte dai vaccini mRNA sul sistema immunitario. Il 19 settembre 2023, davanti al Senato degli Stati Uniti, la dott.ssa Janci Lindsay e il Prof Phillip Buckhaults dell’Università del South Carolina, hanno affermato che nei vaccini mRNA antiCovid19 sono presenti, a seguito di processi di produzione troppo affrettati, contaminanti quali frammenti di DNA batterico (plasmidi), nonché sequenze di DNA di SV40 (Simian Virus 40), virus con potente effetto oncogeno: elementi che potrebbero integrarsi nel nucleo delle nostre cellule, con conseguenze difficilmente prevedibili.
Continuare nella politica dello struzzo rifiutando ogni possibilità di dialogo, abdicare alla difesa dell’indipendenza della scienza, accettare la presenza di conflitti di interesse sempre più pervasivi, non potrà che aumentare il malessere all’interno della classe medica e dell’intera società e non sarà certo un premio Nobel di questo tenore a migliorare le cose, anzi!