di Eugenio Serravalle e Alessia Zurlini

Le recenti cronache giornalistiche stanno mostrando come i danni gravi da vaccini COVID-19 siano stati negati, minimizzati, deliberatamente esclusi sia dal dibattito pubblico che dalla pubblicazione su riviste mediche accreditate.

Peter Gøtzsche e Maryanne Demasi hanno svolto una revisione di 66 studi riguardanti eventi avversi gravi (SAE) associati ai vaccini COVID-19, e sono giunti a conclusioni importanti. Ne pubblichiamo una sintesi, perché, piaccia o meno, questo è quello che dice la scienza, tanto evocata e tanto tradita in questi ultimi anni.

I vaccini per prevenire l’infezione da SARS-CoV-2 sono stati sviluppati per frenare la pandemia di COVID-19. Le principali autorità di regolamentazione dei farmaci, come la Food and Drug Administration (FDA) statunitense e l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), hanno autorizzato i primi vaccini COVID-19 in emergenza o in uso condizionato nel dicembre 2020 attraverso percorsi accelerati, che prevedono un minor livello di evidenza  dell’efficacia (e della sicurezza) rispetto alle approvazioni standard usuali. Le autorità hanno affermato che i vaccini erano altamente efficaci nel prevenire infezioni e malattie gravi poiché, in totale, nei tre studi cardine di Pfizer, Moderna e AstraZeneca, si è verificato un solo caso grave di COVID-19 nei gruppi vaccinali rispetto ai 49 del gruppo di controllo.

I Governi hanno avviato campagne di vaccinazione a livello di popolazione immediatamente, prima del completamento degli studi clinici convenzionali e prima che potessero essere evidenziati eventuali danni a medio o lungo termine.

Anche noi, da subito, abbiamo sollevato serie preoccupazioni sull’affidabilità dei dati della sperimentazione clinica, in parte perché Pfizer ha subito multe e condanne per precedenti episodi di falsificazione dati e per aver occultamento dei danni causati da suoi prodotti, e perché né i produttori di vaccini, né le autorità di regolamentazione dei farmaci hanno consentito a ricercatori indipendenti di accedere ai dati grezzi sui vaccini contro COVID-19. Solo dopo l’ordine di un giudice la FDA ha rilasciato i  documenti normativi riguardanti la sicurezza dei vaccini e abbiamo appreso che i danni gravi sono stati esclusi dai rapporti di sperimentazione pubblicati.

Secondo l’EMA, un evento avverso grave (SAE) è una reazione che

  • provoca la morte,
  • è pericolosa per la vita,
  • richiede l’ospedalizzazione o il prolungamento dell’ospedalizzazione esistente,
  • provoca disabilità o incapacità persistenti o significative,
  • provoca difetti congeniti.

Negli studi clinici, la gravità degli eventi avversi è spesso classificata in lieve, moderata e grave, dove grave significa tale da impedire l’attività abituale.

Gøtzsche e Demasi hanno eseguito una analisi sistematica degli studi pubblicati su tutti i tipi di vaccini COVID- 19 volta a valutare il rischio di danni gravi. Dopo aver escluso gli studi non adeguati per qualità o quantità di partecipanti, sono state analizzate 17 revisioni sistematiche, 14 studi randomizzati e 31 altri studi con gruppo di controllo. La maggior parte di questi erano comunque lavori di scarsa qualità, imperfetti o con ricercatori in palese conflitto di interessi come nel follow-up dello studio di Pfizer in cui 24 dei 32 autori sono dipendenti della stessa Pfizer. In molti studi il follow up sarebbe dovuto durare anni ma a poche settimane dall’autorizzazione all’uso d’emergenza è stato offerto il vaccino al gruppo placebo annullando di fatto il doppio cieco e il confronto con i non vaccinati. Spesso i dati, come in alcuni studi di sicurezza sui bambini sono stati nascosti nei supplementi all’articolo. Nelle prove del vaccino di AstraZeneca, tutti i partecipanti del gruppo di controllo hanno ricevuto una o due dosi di un vaccino anti meningococcico rendendo difficile valutare i danni del vaccino COVID-19 perché anche il vaccino di controllo provoca danni; addirittura il rapporto sullo studio cardine ha rilevato che gli eventi avversi gravi erano meno comuni dopo il vaccino COVID 19 che dopo il vaccino di controllo, 79 contro 89 pazienti. Il tasso di eventi avversi gravi era dell’1%, ma i primi 14 dipendenti vaccinati in un reparto ospedaliero in Danimarca si sono ammalati dopo il vaccino Astra Zeneca ed hanno richiesto un congedo per malattia, che è per definizione un grave evento avverso.

È dunque evidente la difficoltà di determinare gli SAE correlati al vaccino partendo dai dati degli studi pubblicati.

Teoricamente, le revisioni sistematiche di studi randomizzati dovrebbero essere la fonte di prova più affidabile, ma i danni gravi sono ampiamente sottostimati se non del tutto non segnalati, in particolare la sotto-segnalazione sembra essere più pronunciata negli studi sui vaccini ed ancor di più per i vaccini COVID-19. Ciò appare evidente, ad esempio, dal rapporto sullo studio cardine di Pfizer, pubblicato sul New England Journal of Medicine in cui veniva menzionato solo che “Il profilo di sicurezza di BNT162b2 era caratterizzato da eventi quali dolore a breve termine, da lieve a moderato al sito di iniezione, affaticamento e mal di testa.”

La sottostima è inoltre prevalente quando l’evento è comune nella popolazione generale, come la trombosi negli anziani. Può anche verificarsi una segnalazione eccessiva, ad esempio a causa di una maggiore attenzione correlata a un particolare danno; ad esempio, a metà marzo 2020, l’EMA ha avvertito che il vaccino AstraZeneca avrebbe potuto causare trombi; a questo sarebbe potuto seguire un aumento delle segnalazioni, ma l’avvertimento è stato talmente minimizzato che era improbabile che aumentassero i rapporti sulle lesioni da vaccino.

Negli studi sui vaccini Pfizer e AstraZeneca, ai partecipanti sono state fornite app digitali per registrare gli eventi avversi da remoto, ma le app consentivano solo ai partecipanti di registrare ciò che la società ha ritenuto come eventi “previsti”. Se avevano sviluppato trombosi, miocardite, sindrome di Guillain-Barré, mielite trasversa o altri gravi eventi neurologici, non c’era alcuna possibilità per loro di registrarlo sull’app. La stessa cosa avviene con il programma di farmacovigilanza attiva v-safe.

E’ pertanto impossibile avere informazioni corrette di ciò che avvenga nella realtà, dal momento che i dati delle ricerche sono ampiamente lacunosi.

L’analisi della letteratura ha comunque evidenziato prove per noi ormai indiscutibili:

  • I vaccini a mRNA possono causare danni anche gravi, soprattutto dopo i richiami.
  • Gravi danni si sono verificati dieci volte più spesso in soggetti vaccinati che erano stati infettati in precedenza da SARS-COV-2 e poi guariti, probabilmente per un’eccessiva attivazione del sistema
  • I vaccini a vettore adenovirale aumentano il rischio di trombosi venosa e trombocitopenia.
  • I vaccini a base di mRNA aumentano il rischio di miocardite, con una mortalità di circa 1-2 casi ogni 200. Tale SEA è più comune nei maschi più giovani.
  • Con entrambi i vaccini ci sono prove di gravi danni neurologici, tra cui la paralisi di Bell, sindrome di Guillain-Barré, d miastenica e ictus, probabilmente per reazioni autoimmuni.
  • I sintomi presentati dopo vaccinazione sono così multiformi che i medici tendono a ignorarli e a concludere che i pazienti soffrono di un problema
  • Gli eventi avversi molto rari sono difficilmente rintracciabili negli studi Sarebbe necessario uno studio con 30.000 persone nel braccio del vaccino per avere una probabilità del 95% di rilevare un danno grave; se si verifica in 1caso su 10.000 e un caso non è sufficiente per stabilire una relazione causa-effetto.
  • Le autorità di regolamentazione sono state molto lente nel comunicare e seguire i segnali di danni gravi.

Tutto questo ci porta a ritenere che vi siano altri gravi danni oltre a quelli scoperti finora e che servano studi seri di confronto tra la popolazione che si è vaccinata e quella che si è sottratta agli obblighi in modo tale da non dover assistere nuovamente ad una politica sanitaria basata su dati mistificati, che raccomanda a tutti indistintamente di vaccinarsi e ricevere dosi di richiamo senza realmente considerare il rapporto rischio/beneficio soprattutto in gruppi a basso rischio come i bambini e le persone che hanno già superato l’infezione da COVID-19.