Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2023-25, attualmente in discussione, sente la necessità di riportare il parere sulle vaccinazioni espresso il 24 aprile 2015 dal Comitato Nazionale di Bioetica (CNB, Presidenza del Consiglio dei ministri).

Intendo sottolineare due aspetti che meritano una riflessione:

1. Epidemiologia

Al paragrafo del PNPV “Il valore etico e sociale delle vaccinazioni” (pagina 9) si legge: “È un dato allarmante che la diminuzione della copertura vaccinale ha determinato un sensibile aumento dei casi di morbillo in tutto il mondo. Nel 2014 in Italia sono stati segnalati ben 1.686 casi, ovvero il numero più alto in EuropaA oggi, nelle nostre regioni si sono inoltre verificati diversi casi di meningite, alcuni mortali”

 Morbillo

In Italia, dall’inizio del 2013 sono stati segnalati 14.916 casi di morbillo di cui

  • 270 nel 2013,
  • 695 nel 2014,
  • 256 nel 2015,
  • 862 nel 2016,
  • 397 nel 2017,
  • 683 nel 2018,
  • 622 nel 2019,
  • 105 nel 2020,
  • 8 nel 2021,
  • 18 nel 2022.

Dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022, in Italia, sono stati segnalati 18 (diciotto) casi di morbillo (incidenza 0,3 casi per milione) da sette Regioni. L’età mediana dei casi è 29 anni (range 1-44 anni). Tredici dei 18 casi (oltre due terzi) avevano un’età compresa tra 15 e 64 anni. Solo un caso ha riportato una complicanza (diarrea).

Malattie invasive e meningiti

I dati del triennio 2019-2021, focalizzandosi sulle malattie invasive da N. meningitidis, S. pneumoniae ed H. influenzae, riportano che nel 2019, l’incidenza in Italia di malattia invasiva è stata pari a 0,3 casi/100.000 abitanti per meningococco ed emofilo e a 2,8/100.000 per pneumococco. Nel 2020, le incidenze sono state pari a 0,12 per meningococco, 0,13 per emofilo e 0,84 per pneumococco; nel 2021 tali valori sono ulteriormente diminuiti a 0,04, 0,11 e 0,81 rispettivamente.


Comprendiamo bene che alla base di questa netta riduzione, oltre all’andamento altalenante consueto delle patologie in esame, abbiano concorso le misure restrittive adottate per contrastare la pandemia e una minore disponibilità ad effettuare le segnalazioni; comprendiamo meno la necessità di inserire questa citazione senza tener conto dei dati aggiornati. La spiegazione sta forse nella nota bibliografica 16 a pagina 9: “Comitato Nazionale per la Bioetica. Mozione: L’importanza delle vaccinazioni. 24 aprile 2015.                http://www.governo.it/bioetica/mozioni/mozione_vaccinazioni.pdf, ultimo accesso 21 dicembre 2021“.

Proprio così: hanno effettuato l’ultimo accesso il 21 dicembre 2021, per un documento in discussione in questi giorni nella Conferenza Stato-Regioni.

2. L’immunità di comunità o herd immunity

Il CNB sottolinea (sempre nella citazione riportata nel PNPV 2023-25) come “i vaccini costituiscano una delle misure preventive più efficaci, con un rapporto rischi/benefici particolarmente positivo, ed abbiano un valore assai rilevante non solo in termini sanitari, ma anche etici… oltre all’effetto di  protezione delle vaccinazioni (c.d. immunità di comunità o herd immunity) e alle connesse motivazioni di carattere solidaristico e cooperativo, vanno aggiunte ulteriori motivazioni riguardanti l’interesse personale”.

L’immunità di gregge, o immunità di gruppo (herd immunity), è una forma di protezione indiretta che si   quando la immunizzazione (conseguente a vaccinazione o a malattia naturale) di una parte significativa di una popolazione fornisce una protezione anche agli individui non immunizzati. Questo tema è oggetto di discussione nella letteratura medica, e autori diversi ne danno interpretazioni differenti. Il principio dell’immunità di gregge (herd immunity), valido in generale, non può essere automaticamente esteso a tutte le vaccinazioni disponibili, ma necessita di una dimostrazione sul piano della plausibilità biologica e delle evidenze per ogni singolo agente infettante e relativo vaccino. Se un vaccino conferisce una protezione individuale da una specifica malattia ma non impedisce la diffusione dell’agente infettante, la mancata vaccinazione del soggetto ricade come rischio solo sullo stesso e non sulla comunità. Se, quindi, è sostanzialmente vero che l’immunità di gregge è un fenomeno che esiste per alcune malattie/vaccini, non è possibile generalizzare questo effetto a tutti i vaccini, con conseguenti ricadute sui livelli di copertura vaccinale ritenuti necessari. Evidentemente la determinazione di una soglia precisa, scientificamente fondata, dell’effetto gregge presenta una indubbia importanza anche sul piano dell’eticità dell’atto vaccinale in senso lato[1].

Si fa comunemente riferimento al 95% quale soglia raccomandata dall’OMS per la “immunità di gregge”. In realtà, la letteratura scientifica riporta valori differenti, diversi a seconda della malattia. La prima volta che è stato usato il termine “herd immunity” in una pubblicazione scientifica risale al 1926 a proposito della contagiosità di un batterio, il Bacillus enteritidis, all’interno di una comunità di topi da laboratorio. Anderson e May furono tra i primi a proporre autorevolmente le stime di copertura vaccinale necessarie per eradicare alcune patologie virali, batteriche o protozoarie in paesi sviluppati o in via di sviluppo (Fig 1).

Fig 1 da Anderson RM, May RM Infectious diseases of humans: dynamics and control Oxford University Press, 1991

La pubblicazione più autorevole è quella di P. E. Fine che indica la proporzione della popolazione che deve essere vaccinata in modo da raggiungere la soglia di immunità di gregge. I valori riportati sono indicativi, precisano gli Autori, non riflettono adeguatamente la diversità tra le popolazioni, ma forniscono comunque l’ordine delle grandezze comparabili. I dati citati da Fine derivano da lavori scritti tra il 1957 e il 1990 e si basano su modelli matematici che possono prevedere, in base al numero dei soggetti considerati e all’infettività del microrganismo (valore di R0), la soglia minima oltre la quale “scatta” il fenomeno della protezione dell’intera popolazione.

Il termine Tasso di riproducibilità (o riproduzione) (R0) o Basic Reproductive Rate rappresenta il numero medio di casi contagiosi secondari che sono causati da un singolo caso indice in una popolazione completamente suscettibile in assenza di strategie di controllo. Indica cioè il numero medio di casi secondari prodotti da un’infezione primaria in una popolazione interamente suscettibile. La soglia minima dell’immunità di gruppo varia in base all’agente patogeno considerato. I modelli matematici possono prevedere, in base al numero dei soggetti considerati e l’infettività del microrganismo (valore di R0), la soglia minima oltre la quale “scatta” il fenomeno della protezione dell’intera popolazione. La formula di base è la seguente:

Vc (o H, Herd) = (1-1 / R0).

Vc (o H) indica la percentuale della popolazione che deve essere vaccinata in modo da raggiungere la soglia di immunità di gregge, assumendo che la vaccinazione avvenga a caso in una popolazione omogenea; R0 – come già detto – indica il numero di riproduzione di base, cioè il numero di casi secondari generati da un soggetto infettato e infettante quando il resto della popolazione è suscettibile. La soglia minima dell’immunità di gruppo varia quindi in base all’agente patogeno considerato: per quelli a maggiore contagiosità, come il morbillo che presenta un R0 di 12-18, il valore sarà pari a 83-94%, mentre la parotite, che presenta un R0 di 4-7, necessita di una soglia pari al 75-86% di popolazione (Fig 2).

2 R0 del virus dell’influenza cambia probabilmente in modo sensibile a seconda dei diversi sottotipi 3 tutte le variabili considerate differiscono anche tra le diverse specie di Plasmodio 4 esistono stime diverse anche a seconda dei criteri utilizzati 5 risulta molto difficile definire l’immunità nei confronti della pertosse sia a livello di individuo che di popolazione. Non si dispone tuttora di buoni indicatori sierologici o immunologici di immunità protettiva. Anche l’anamnesi positiva per la malattia non è un dato sufficientemente sensibile e specifico da poter essere usato come indicatore di pregressa infezione e, quindi, di immunità naturale. Vi è evidenza che i vaccini contro la pertosse forniscono maggiore protezione contro la malattia rispetto alla protezione nei confronti dell’infezione da bordetella pertussis e che gli adulti possono essere causa di trasmissione dell’infezione senza presentare i tipici segni della malattia 6 nella valutazione della soglia dell’immunità di gregge devono essere considerate le diverse caratteristiche dei differenti vaccini antipolio 6 R0 si è ridotta nei paesi sviluppati; non è ben definito il livello di immunità protettiva

Fig 2 da Fine P E Herd immunity: history, theory, practice, Epidemiol. Rev., 15 (1993) NOTE: 1 esistono portatori cronici dell’infezione; 2 R0 del virus dell’influenza cambia probabilmente in modo sensibile a seconda dei diversi sottotipi; 3 tutte le variabili considerate differiscono anche tra le diverse specie di Plasmodio; 4 esistono stime diverse anche a seconda dei criteri utilizzati;  5 risulta molto difficile definire l’immunità nei confronti della pertosse sia a livello di individuo che di popolazione. Non si dispone tuttora di buoni indicatori sierologici o immunologici di immunità protettiva. Anche l’anamnesi positiva per la malattia non è un dato sufficientemente sensibile e specifico da poter essere usato come indicatore di pregressa infezione e, quindi, di immunità naturale. Vi è evidenza che i vaccini contro la pertosse forniscono maggiore protezione contro la malattia rispetto alla protezione nei confronti dell’infezione da bordetella pertussis e che gli adulti possono essere causa di trasmissione dell’infezione senza presentare i tipici segni della malattia;  6 nella valutazione della soglia dell’immunità di gregge devono essere considerate le diverse caratteristiche dei differenti vaccini antipolio; 6 R0 si è ridotta nei paesi sviluppati; non è ben definito il livello di immunità protettiva

Più recentemente altri Autori sono intervenuti (Fig 3), suggerendo un aggiornamento dei dati di Fine.

Fig 3 da Stanley Plotkin, Walter Orenstein, Paul Offit in Vaccines, Saunders 2012

Nel bollettino della OMS (Figura 4) è riportato chiaramente che la soglia necessaria per interrompere la trasmissione di una malattia infettiva dipende dal Numero di riproduzione di base (R0), cioè il numero di casi secondari generati da un tipico soggetto infettato e infettante quando il resto della popolazione è suscettibile, e non si fa riferimento al valore del 95% uguale per tutte le malattie.

Fig 4 Bulletin of WHO 2008, 86 140-146Nel corso del dibattito relativo alla determinazione di tale soglia suscitato dalla discussione della Legge Lorenzin, abbiamo scritto sia al WHO che ai CdC USA per avere chiarimenti. La risposta di quest’ultimo ente è stata chiara: “We suggest reading the chapter on herd or community immunity in the textbook Vaccines. The editors are Plotkin, Orenstein, and Offit.  This book is usually available in most medical libraries.”

Il testo suggerito dai CdC riporta la tabella della figura 5:

Fig 5 Testo consigliato dai CdC su herd immunity

Le conclusioni sono evidenti: la soglia raccomandata non corrisponde alla soglia critica per l’immunità di gruppo.

La soglia del 95% per tutte le malattie infettive attribuita all’OMS non corrisponde al livello critico di copertura vaccinale necessario per instaurare l’immunità di gregge. I livelli di copertura vaccinali critici sono diversi da infezione a infezione e, anche, da popolazione a popolazione. Su questo la letteratura scientifica disponibile sull’argomento è concorde da molti anni. Lo stesso Fine afferma che i valori indicati sono “puramente indicativi a causa della enorme variabilità dei fattori”. Tale livello critico dipende, infatti da vari fattori:

  • la trasmissibilità dell’agente infettivo, l’incidenza reale della malattia in una popolazione;
  • le modalità con cui l’infezione si trasmette nella popolazione;
  • la condizione di suscettibilità della popolazione nei confronti dell’infezione;
  • la natura dell’immunità indotta dal vaccino;
  • l’efficacia del vaccino e la persistenza nel tempo dell’immunità indotta;
  • l’omogeneità di distribuzione dei vaccinati e i movimenti della popolazione in un certo territorio.

Questi parametri non sono facili da determinare e possono variare geograficamente, oltre che cronologicamente; pertanto, la soglia prevista dai modelli teorici può trovare difficoltà nell’applicazione concreta.

L’affermazione che una diminuzione (di quanto?) della percentuale di soggetti vaccinati porti automaticamente all’annullamento dell’effetto gregge e alla ricomparsa di epidemie (di quali?) appare solo un’ipotesi.

Ogni malattia ha la sua immunità di gregge

L’immunità di gregge va esaminata per ogni singola malattia infettiva e per ogni vaccino, distinguendo il principio generale dal valore dell’“effetto” gregge, dato dalla copertura vaccinale sotto la quale scatta “realmente” il rischio di epidemia, ovvero sotto il quale la scelta di un soggetto di non vaccinarsi mette “realmente” a rischio la salute collettiva.

  1. TETANO: malattia infettiva non trasmissibile.
  2. EPATITE B: malattia trasmessa con sangue, rapporti sessuali o per trasmissione verticale da madre al neonato al momento del parto o allattando.
  3. DIFTERITE: il vaccino è costituito dalla tossina inattivata (anatossina) e non impedisce la circolazione del germe.
  4. POLIOMIELITE: il vaccino con virus ucciso (IPV) fornisce protezione individuale ma non concorre a creare immunità di gregge perché impedisce l’eventuale circolazione del germe (al contrario del vaccino OPV).
  5. EMOFILO B: la vaccinazione ha diminuito le patologie causate del sierotipo b, ma ha aumentato i casi di infezione, anche mortali, causati da altri tipi capsulati e non capsulati (fenomeno del rimpiazzo), che in Italia oramai riguardano i ¾ delle malattie invasive da emofilo.
  6. PERTOSSE: il vaccino acellulare, oggi in uso, è poco efficace nel creare herd immunity perché:
  • L’immunità indotta dai vaccini acellulari è più limitata e di durata più breve del previsto.
  • L’immunità indotta dai vaccini acellulari pur proteggendo dalla malattia protegge meno dalla infezione.
  • Sono comparsi ceppi di Bordetella pertussis con mutazioni antigeniche.
  • I vaccini acellulari non sono in grado di bloccare la trasmissione del batterio[1].
  • “La pertosse si diffonde molto facilmente perché la protezione vaccinale fornita dal vaccino acellulare decresce col tempo e quindi non possiamo fare vaccini acellulari è più limitata e di durata più breve del previsto di bloccare la trasmissione del batterio”.
  1. MORBILLO: presenta una elevata capacità infettante con conseguente elevato tasso di riproduzione (R0) per cui appare necessaria una elevata copertura vaccinale ≥ 95%.
  2. ROSOLIA: è meno trasmissibile del morbillo e, pertanto potrebbe essere sufficiente una soglia minore di immunità di gregge. Il problema principale è rappresentato dalla sindrome da rosolia congenita: una bassa copertura vaccinale dei bambini di entrambi i sessi potrebbe risultare peggiore che l’assenza della vaccinazione, dal momento che si avrebbe così una minore circolazione del virus per cui la proporzione delle donne in età fertile suscettibili può incrementare in modo significativo. Una strategia utile potrebbe essere la vaccinazione delle ragazze in età prepubere, qualora non risultassero immunizzate.
  3. PAROTITE EPIDEMICA: un’elevata copertura vaccinale permette di limitare l’entità, la durata e la diffusione di possibili focolai di parotite, ma non impedisce il manifestarsi di epidemie, seppur limitate, a causa della perdita di efficacia della vaccinazione, pur correttamente eseguita.
  4. VARICELLA: è una malattia a prognosi favorevole se contratta tra 1 e 9 anni, con rischi maggiori con l’avanzare dell’età; la vaccinazione dei bambini rischia di innalzare l’età dei casi, aggravandone le conseguenze. Sono presenti dubbi sulla durata della protezione (stimata a 13-20 anni), sul rapporto costo-efficacia della vaccinazione estesa e sui suoi effetti a lungo termine, con riferimento alla riattivazione virale e all’insorgenza di Herpes zoster, che a lungo termine potrebbe risultare aumentata e anticipata.

La citazione del datato parere del Comitato Nazionale di Bioetica fa trasparire una valutazione ideologica delle vaccinazioni che non tiene conto delle prove scientifiche disponibili. Se è assodato che alcune vaccinazioni abbiano rappresentato per la salute dell’Umanità un passo avanti enorme, i “vaccini” non rappresentano uno strumento da “prendere o lasciare” in blocco. Ogni vaccino ha un peculiare profilo di opportunità, efficacia, eventi avversi, costi e va dunque valutato in modo specifico.

Prima di approvare il nuovo PNPV andrebbe avviato un serio confronto che consenta di superare contrapposizioni ideologiche e di presentare alla popolazione informazioni complete basate sulle migliori prove disponibili e indipendenti da interessi commerciali. Non c’è alcuna emergenza epidemiologica che giustifichi l’assenza di dibattito scientifico nelle sedi opportune.

Le commissioni Affari Sociali e Igiene e Sanità di Camera e Senato potrebbero essere promotrici di un confronto, ancor più necessario dopo l’esautorazione dei poteri del Parlamento verificatosi nella gestione della pandemia. Sarebbe un segnale forte del ritorno al dibattito democratico e al rispetto della volontà dei cittadini. Questo Governo ne avrà il coraggio?

[1] Klein NP. N.Engl.J.Med. 2014;367(11) 1012-1019;  Warfel JM. Proc.Natl.Acad.USA 2013; 111, 787-792;  Mills KH et al. Trends Microbiol. 2014;22(2) 49-52;  Connie L. et al. Emerg. Infect. Dis. 2014; 20(4)