LA LIBERTA’ DELLA DIFESA È UN DIRITTO INVIOLABILE CHE NON PUO’ ESSERE LIMITATO IN BASE ALLE SCELTE INDIVIDUALI IN MATERIA DI SALUTE
A distanza di due anni dal varo delle prime norme emergenziali in materia di prevenzione del COVID19 il Governo della Repubblica Italiana ha adottato una nuova misura che va ad incidere pesantemente col diritto di difesa dei cittadini e con la libertà del professionista che tale diritto deve assicurare in base alle proprie competenze e capacità.
AsSIS ritiene che la previsione introdotta dal D.L. 1/2022 non sia giustificata poiché per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana l’esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente garantito in via inderogabile, è subordinato al giudizio sull’orientamento espresso dal legale in materia di autodeterminazione sulle cure cui sottoporsi.
Ovviamente non è in discussione la libera scelta di ciascun cittadino in ordine alle cure cui sottoporsi, sia nel senso di accettare che di non accettare di effettuare la vaccinazione per il Covid19, così come tale libertà non può né deve mai leggersi a discapito della salute collettiva o di quella individuale, dovendosi sempre trovare un giusto contemperamento fra le due sfere di interessi.
Bisogna quindi chiedersi a cosa serve questa nuova disposizione che, in sintesi, prevede che:
- un avvocato non possa entrare in Tribunale se non munito del passaporto verde attestante l’avvenuta vaccinazione contro il Covid-19, la guarigione da una precedente contrazione del virus o l’effettuazione di un tampone nelle 48 ore precedenti con esito negativo;
- se l’avvocato ha più di cinquant’anni, per esercitare la propria attività, deve obbligatoriamente essere vaccinato o esentato;
- la mancanza di uno dei predetti requisiti NON costituisce legittimo impedimento al fine della celebrazione delle udienze e delle attività giudiziarie, che si terranno senza il difensore fiduciario.
Per valutare la sostanza di tale previsione occorre innanzitutto partire dal presupposto che, per essere legittima e razionale, una norma che impone un determinato comportamento (nel nostro caso la vaccinazione) e la conseguente sanzione in caso di inosservanza deve necessariamente avere come presupposto la tutela di un bene giuridico (in questo caso la salute collettiva).
Ma possiamo effettivamente affermare che la salute collettiva sia così tanto in pericolo da poter giustificare normativamente un obbligo vaccinale?
Dobbiamo tenere in considerazione le seguenti riflessioni:
- Allo stato delle attuali conoscenze la Covid può essere affrontata con vari strumenti e si può curare. Può essere pericolosa a condizione che il paziente non venga curato in tempo;
- oggi le cure esistono. I medici che hanno curato la Covid in tempo hanno ottenuto risultati sorprendenti. Il 97% di pazienti guariti a casa. Il 3% ospedalizzati e poi guariti. Nessun decesso. Migliaia di persone guarite perché curate in modo corretto. Solo in mancanza di cure adeguate si rischia un aggravamento, l’ospedalizzazione e, in casi estremi, il decesso;
- le autorità sanitarie ed il Ministero della Salute sino ad oggi hanno proposto, ed imposto, ai medici di base un protocollo che ha solo danneggiato la salute dei cittadini, consigliando la tachipirina (abbiamo esposto QUI la nostra posizione a riguardo) e la vigile attesa. E val la pena ricordare che in questi giorni il TAR del Lazio ha censurato tale imposizione, rilevando come sia inalienabile il diritto/dovere del medico di agire secondo la propria scienza e coscienza, spetto, questo, che resta comunque confermato anche a seguito dell’intervenuta sospensione da parte del Consiglio di Stato.
- mesi di effettuazione delle vaccinazioni, giunte ormai alla terza dose, hanno evidenziato senz’ombra di dubbio che tali profilassi non impediscono il verificarsi nella persona vaccinata né dell’infezione né della sua trasmissione.
I dati statistici confermano che la mortalità per Covid oscilla tra lo 0,3 e lo 0,6% dei casi, e ciò nonostante il fatto che in tutti questi lunghi mesi non sia stato adottato un metodo sicuro di rilevazione dei decessi che consenta di verificare se siano avvenuti a causa del Covid o, semplicemente, in presenza di infezione da Covid (difatti i decessi non vengono correlati in modo causale al Covid, ma solo associati alla sua positività). Inoltre l’età media delle persone decedute si colloca attorno agli 81 anni per gli uomini e agli 86 per le donne; gli studi confermano altresì che muoiono soprattutto persone che hanno già gravi patologie pregresse, mentre il tasso di sopravvivenza a questa infezione varia in relazione alle fasce di età:
0-19 anni -> 99,97%;
20-49 anni -> 99,98%;
50-69 anni -> 99,50%;
> 70 anni -> 94,60%
Basta leggere qualsiasi report dell’Istituto Superiore di Sanità sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da Sars-Cov-2 in Italia per verificare l’esattezza di tali dati.
La scelta del Governo non trova quindi giustificazione, anche perché l’imposizione di un trattamento sanitario o la limitazione di fondamentali diritti individuali devono sempre risultare proporzionati rispetto al soddisfacimento delle reali e attuali esigenze della collettività. D’altro canto, la sussistenza dell’interesse della collettività alla salute non può comunque giustificare l’imposizione di trattamenti idonei a cagionare un danno alla salute individuale; in altre parole il vantaggio per la salute collettiva deve essere qualificato e sottoposto ad una più rigorosa ponderazione, dal momento che nessun individuo è tenuto a sacrificare la propria salute a vantaggio della salute collettiva, atteggiandosi non più a soggetto di diritto ma a mero oggetto, sul quale si agisce per ottenere un risultato utile alla comunità. Al riguardo la giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sentenza n. 258/1994, passando da quella n. 307/1990, per giungere alla più recente n. 5/2018 (per citare solo le principali), ha delineato i presupposti affinché l’obbligo vaccinale possa ritenersi compatibile con i principi dell’art. 32 della Costituzione. A tal proposito la Corte Costituzionale ha statuito che “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 della Costituzione:
a) se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale;
b) se vi sia “la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili”;
c) se nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica – sia prevista comunque la corresponsione di una “equa indennità” in favore del danneggiato. E ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria, la quale “trova applicazione tutte le volte che le concrete forme di attuazione della legge impositiva del trattamento o di esecuzione materiale di esso non siano accompagnate dalle cautele o condotte secondo le modalità che lo stato delle conoscenze scientifiche e l’arte prescrivono in relazione alla sua natura”.
Orbene, l’esperienza di questi mesi, gli accertamenti medici effettuati ed i dati ufficiali dell’Istituto superiore della Sanità consentono di affermare che:
A) la somministrazione di tutti i vaccini sino ad oggi provvisoriamente autorizzati non impedisce la trasmissione del virus Sars-Cov-2 ad altre persone né impedisce che la persona vaccinata (sia con una, due o tre dosi) contragga nuovamente la malattia;
B) le reazioni avverse che si sono verificate, anche di natura letale, non consentono di essere ricondotte nell’ambito della normale tollerabilità;
C) peraltro, le stesse case produttrici dei vaccini evidenziano che non sono ancora stati ultimati né i trial diagnostici né gli accertamenti in ordine agli effetti collaterali di breve, medio e lungo termine dei vaccini stessi.
Ed altresì non solo la normativa introdotta in materia di obbligo vaccinale non prevede espressamente alcun collegamento con quella sull’equo indennizzo per i danni, ma ha addirittura previsto dallo scorso aprile il c.d. scudo penale, col quale si è esclusa la responsabilità del sanitario “quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”.
L’obbligo di green pass, base o rafforzato a seconda dell’età anagrafica del legale, è quindi di un’intollerabile limitazione dei diritti difensivi, sia degli avvocati che di tutti i cittadini, garantiti in modo inviolabile dall’art. 24 della Costituzione. Per quanto riguarda il cittadino, questi vieni privato del diritto inviolabile di scegliere il proprio difensore solo in base alle sue qualità personali e professionali; per quanto riguarda il difensore, si impedisce lo svolgimento del mandato difensivo sulla base delle scelte che questi compie sulla propria salute.
Che queste misure non abbiano alcuna razionale ragion d’essere per la prevenzione della salute della collettività appare poi confermato dal fatto che testimoni ed imputati potranno continuare ad entrare nelle aule di giustizia indipendentemente dal fatto di avere o meno un certificato verde, normale o super.
Già dalla scorsa primavera AsSIS aveva evidenziato che con la Risoluzione 2361 del 27 gennaio 2021 l’Assemblea parlamentare del consiglio d’Europa ha espressamente escluso che gli Stati possano rendere obbligatoria la vaccinazione anti COVID (punto 7.3.1) ed ha inoltre vietato di usarla per discriminare lavoratori o chiunque decida di non avvalersene (punto 7.3.2). Ed altresì la nostra Associazione aveva sottolineato come molteplici diritti fondamentali avrebbero subito un’intollerabile limitazione con l’introduzione del c.d. green pass, inserito nell’ordinamento senza prevedere quel bilanciamento che la nostra Costituzione e le carte internazionali richiedono fra inviolabili libertà individuali ed inderogabili doveri di solidarietà sociale.
A tal proposito in questa sede vogliamo solo ricordare che la Convenzione di Oviedo per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina richiede che il consenso al trattamento sanitario sia LIBERO, cioè non coartato da alcuna negativa conseguenza in caso di mancanza del consenso stesso.
La nuova estensione dell’obbligo vaccinale non è quindi rispettosa della richiamata giurisprudenza della Corte Costituzionale che – come si è visto – subordina la legittimità dell’obbligo vaccinale all’imprescindibilità di un “corretto bilanciamento tra la tutela della salute del singolo e la concorrente tutela della salute collettiva, entrambe costituzionalmente garantite”, nonché ad bilanciamento di tutela della salute collettiva con i restanti diritti fondamentali, che mai possono essere azzerati in toto pena la violazione dei limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Al contrario, oggi all’avvocato che non si munisce di green pass o non si vaccina viene radicalmente impedito l’esercizio della professione di fronte all’autorità giudiziaria nonché l’ingresso delle sedi ove si amministra la giustizia; e parimenti si impedisce del tutto al cittadino di individuare il proprio difensore solo sulla base delle sue capacità professionali e della fiducia che egli vi ripone. Peraltro così facendo si impedisce di fatto ai molti avvocati che stanno operando contro queste norme liberticide introdotte dal Governo di poter garantire il patrocinio e la tutela dei propri assistiti proprio nei ricorsi avverso le norme stesse.
Si tratta quindi di una norma incostituzionale, lesiva dei diritti e delle garanzie fondamentali di tutti i cittadini che deve essere al più presto eliminata dal nostro ordinamento.