AsSIS legge con sconcerto e preoccupazione il comunicato stampa con cui la Corte costituzionale ha reso nota la propria decisione in ordine alla questione di legittimità sull’obbligo vaccinale per i lavoratori del settore sanitario.
Abbiamo sempre sostenuto che questo obbligo era ed è non solo inaccettabile, ma soprattutto contrario alle previsioni della Carta fondamentale, e certo non cambiamo idea.
Occorrerà ovviamente leggere ed approfondire le motivazioni con cui la Corte è giunta a questa decisione, motivazioni che appaiono dal comunicato di tipo sia procedurale che sostanziale; tuttavia definire ragionevoli e proporzionate le scelte del legislatore adottate in periodo pandemico lascia esterrefatti a fronte sia della forte compressione delle libertà individuali e dei diritti fondamentali dei cittadini, sia delle evidenze scientifiche che fin da subito hanno mostrato la scarsa efficacia del c.d. vaccino sia sul fronte della prevenzione del contagio del soggetto inoculato che su quello della trasmissione a terzi. Ad oggi, che a tali dati si sono aggiunti quelli sugli eventi avversi, anche gravi, nonché le stesse affermazioni dei vertici delle case farmaceutiche interessate in ordine alla mancata o insufficiente sperimentazione dei sieri rispetto a molte gravi conseguenze degli stessi, la decisione della Corte appare ancor più ideologica e lontana sia dagli studi scientifici che dalle Carte sovranazionali in materia di consenso informato e divieto di sperimentazione dei farmaci su soggetti non consenzienti.
Le fonti ufficiali e gli studi scientifici posti all’attenzione della Consulta dimostrano che i dati di efficacia e sicurezza dei c.d. vaccini, insufficienti per un’autorizzazione completa da parte delle autorità sanitarie, potevano consentire – come è stato – una mera autorizzazione alla vendita determinata dall’eccezionalità della pandemia; la campagna vaccinale è stata, in pratica, un proseguimento della sperimentazione, proseguimento che evidenzia ogni giorno di più la pericolosità di questa tipologia di farmaci.
AsSIS ribadisce con fermezza che le politiche di gestione della crisi sanitaria adottate in relazione all’infezione da SarsCov2 hanno compromesso il rapporto fra le libertà e i doveri fra gli individui e la comunità; c’era la speranza che la Consulta ponesse rimedio a questa compressione o che, quanto meno, fornisse delle linee guida per trovare un adeguato compresso fra i valori in gioco. E soprattutto si auspicava che la Corte desse un chiaro segnale sulla necessità di garantire anche nelle situazioni di eccezionalità un civile e aperto dibattito sulle alternative terapeutiche e profilattiche per affrontare un’infezione, ribadendo il valore proficuo della diversità e del confronto di opinioni sia in campo sanitario che politico e civile, e garantendo così che il dibattito scientifico si svolga in forma non dogmatica, libera, trasparente ed esente da conflitti d’interessi, nonché basato su fatti e prove.
Tuttavia ciò non sembra essere accaduto!
Se dalla lettura della motivazione della sentenza questi timori non venissero fugati ci troveremmo di fronte ad una pagina profondamente negativa della nostra storia e della nostra cultura giuridica e si aprirebbe la strada a rischi di intollerabile compressione di alcuni diritti fondamentali della persona.