Roberto Burioni è stato in questi due anni – ma, per chi seguiva le sue dichiarazioni, lo era già – il virologo soubrette, la viro-star per eccellenza che in TV ha fatto di tutto: divulgatore scientifico, microbiologo, imprenditore farmaceutico, statista, moralizzatore dell’opinione pubblica, opinion maker e improvvisato filosofo della scienza che decide ciò che è scienza e ciò che non lo è.  Ad oggi non si capisce come mai Burioni abbia questa grande credibilità scientifica, rimanendo comunque il “guru” incriticabile ed autorevole anche senza aver azzeccato una previsione sulla Covid dall’inizio della crisi. Un sacerdote della “scienza unica” che, se ci si azzarda a criticare, si viene additati di essere “cospirazionisti”, “negazionisti” e “novax” nello stesso modo in cui, all’epoca, chi criticava un prete, veniva visto come “il miscredente”, “l’ateo” o il “mangiapreti”. Assis ha voluto documentare le assurdità sostenute, le dichiarazioni fatte e le posizioni prese dal medico marchigiano.

La disinformazione sulla Covid-19 a inizio pandemia

La disinformazione a inizio 2020, quando da Fazio diceva che il rischio di contrarre il SARS-CoV-2 in Italia era pari a 0 (dichiarazione del 2 febbraio 2020). “In Italia siamo tranquilli. Il virus non c’è. É lecito preoccuparti solo per l’influenza” (dichiarazione del 9 febbraio 2020). In realtà sulla base delle stime effettuate da una ricerca medica del Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche dell’Università di Milano, pubblicata il 28 febbraio 2020 sul Journal of Medical Virology, cit. “l’origine dell’epidemia da SARS-CoV-2 può essere collocata tra la seconda metà di ottobre e la prima metà di novembre 2019, alcune settimane prima quindi rispetto ai primi casi di polmonite identificati.” Con la sua autoreferenzialità, in un momento in cui non si sapeva ancora nulla sul Sars-Cov-2, a febbraio 2020 scrive il libro Virus, la grande sfida. Dal coronavirus alla peste: come la scienza può salvare l’umanità.

La guerra al plasma iperimmune

Burioni si è caratterizzato per la demonizzazione, della plasmaterapia, ovvero la terapia ideata e provata clinicamente con il plasma iperimmune prelevato dai guariti nel trattamento della Covid-19, promuovendo al contempo gli anticorpi monocloni umani con cui sembra avere potenziali conflitti d’interesse. Nel giugno 2020 Le Iene si sono interrogate, con due servizi a firma del giornalista Alessandro Politi, su un possibile conflitto di interessi del Prof. Burioni che nel corso della lunga pandemia ha partecipato con regolarità alla trasmissione Rai “Che tempo che fa”.  Il 19 dicembre 2020 i due servizi sono stati oscurati dal sito Iene.it per ordine di un Gip del Tribunale di Milano su querela dello stesso Burioni. Nel Decreto si dice che Le Iene hanno veicolato “il falso messaggio per cui le opinioni scientifiche di Burioni in tema Covid 19 fossero orientate da interessi economici occulti”. In realtà Burioni è consulente delle case farmaceutiche Pomona Srl e FidesPharma, che ha depositato brevetti di anticorpi monoclonali (non per il Covid) e anche un test di validazione per vaccini anti-influenzali. Sulla TV pubblica Burioni ha affermato: “Avremo gli anticorpi monoclonali da somministrare, quindi una speranza nuova che si apre” (19 aprile 2020) e “Io ritengo che il vaccino anti-influenzale debba essere obbligatorio perché altrimenti ogni influenza dà un allarme di coronavirus” (dichiarazione fatta in intervista presso la casa farmaceutica Zoetis nel 2020); “Tutti dovremmo farci il vaccino antiinfluenzale”. E ancora, a proposito del plasma iperimmune come cura per il Covid: “Questi plasmi non sono un farmaco ideale, sono difficili e costosissimi da preparare” (3 maggio 2020); “bisogna sincerarsi che il plasma non trasmetta altre malattie infettive, tutto quello che viene dal sangue è rischioso”; “il plasma delle persone guarite è disponibile in piccole quantità, non è che possiamo svenare i guariti” (19 aprile 2020).

Si tratta di affermazioni assolutamente false, soprattutto quelle sul plasma iperimmune che vennero ampiamente smentite da studi peer review. In primis perché il plasma iperimmune è molto economico a differenza degli anticorpi monoclonali umani (80 euro a sacca a differenza delle migliaia di euro per i monoclonali); in secondo luogo perché il rischio provato di trasmissione di malattie – su stessa ammissione del Dottor Giuseppe De Donno, fautore della plasmaterapia per la covid – è di 1 a 20.000.000, cioè inesistente in confronto alle reazioni averse che posso dare i monoclonali; e infine perché è facile da prelevare dai guariti attraverso un prelievo del sangue. Le Iene si sono chieste: caldeggiare le monoclonali ed enfatizzare criticità della cura col plasma iperimmune non può tradire un conflitto d’interessi, se a farlo è chi tratta di monoclonali? Burioni non ha mai risposto alle domande de Le Iene declinando qualsiasi invito al dibattito, senza dunque mai mostrare le basi scientifiche delle sue dichiarazioni. Ad aprile 2022, uno studio finanziato dal Dipartimento della Difesa americano e dal National Institutes of Health (NIH), l’agenzia governativa che si occupa di ricerca medica, e pubblicato su The New England Journal of Medicine (Nejm), conferma che De Donno aveva ragione. Nello studio si legge che il plasma convalescente da Covid-19 svolge un ruolo fondamentale nel ridurre l’infiammazione polmonare in risposta all’infezione da Sars-CoV-2, che è il «motivo più comune per l’ospedalizzazione».

L’eccessiva enfasi sul vaccino anti-Covid di Pfizer

Burioni si è fatto portatore di annunci impropri sul vaccino Pfizer quando non solo non c’erano i dati scientifici e studi sull’efficacia, ma anche quando i dati grezzi erano dichiaratamente secretati. In quell’annuncio spiegò, a Che Tempo Che Fa, la nuova tecnica a mRNA illustrando il ruolo della proteina spike e parlando del vaccino anti-Covid di Pfizer come un normale vaccino e non spiegando che, a differenza di tutti gli altri vaccini in uso, quest’attuale vaccinazione di massa influisse sulla prevenzione della malattia grave ma non sulla trasmissione (così sono tutti i vaccini: Pfizer, Moderna, AstraZeneca, Johnson & Johnson e così via) e che questo a lungo termine sarebbe controproducente perché lasciava il lavoro “a metà” facendo mutare il virus. Non ha spiegato che, a differenza degli altri vaccini, quelli in uso producono anticorpi specifici che non eliminano la trasmissione. Il 4 gennaio 2021, il Dottor Peter Doshi, tra i più grandi esperti mondiali di trial clinici, pubblicava sul British Medical Journal, un articolo dal titolo “Pfizer e Moderna “95% di efficacia” – abbiamo bisogno di dettagli e dati grezzi” in cui arrivava a stimare che l’efficacia dei vaccini era in realtà del 29%. Si tratta di dati precedenti le dichiarazioni di Burioni in merito e quindi consultabili pubblicamente: su che basi le ha ignorate? Non ne era a conoscenza?

Abbiamo dovuto aspettare le dichiarazioni della responsabile per i mercati internazionali di Pfizer, Janine Small, che è stata costretta ad ammettere in una udienza al Parlamento Europeo che l’azienda farmaceutica non aveva mai testato il vaccino per fermare la trasmissione del virus. Quindi come era giustificata l’enfasi di Burioni sul vaccino anti Covid della Pfizer? Forse è andato sulla fiducia? Sul vaccino Pfizer c’è stato un elogio incondizionato a reti unificate senza avere alcun dato in mano, senza poter accedere ai rapporti pre-registrativi, senza poter avere un’informazione neutra diversa da quella delle case farmaceutiche. A ribadirlo, a gennaio 2021, è stato anche Silvio Garattini, farmacologo e fondatore dell’istituto Mario Negri, dicendo di porre fine ai “proclami propagandistici” affermando che servivano dati seri che all’epoca non avevamo.

Burioni contro il Sistema Sanitario di Cuba

A gennaio 2021, Burioni ha screditato pubblicamente il sistema sanitario e la ricerca biomedica di Cuba, per spegnere l’entusiasmo sulla piccola Isola Caraibica, colpevole di aver sviluppato 5 vaccini anti-Covid a subunità proteiche (Soberana1, Soberana2, SoberanaPlus, Mambisa e Abdala) ovvero l’8% dei vaccini anti-Covid nel mondo. L’immunologo marchigiano ha screditato la scienza pubblica e gratuita cubana, affermando su Twitter: “A me va benissimo anche il vaccino cubano, a patto che venga sperimentato in un luogo dove uno scienziato che dice che non funziona non viene messo in galera. In altre parole, in una bella democrazia occidentale.”

Parole arroganti, insidiose e faziose, senza alcuna fonte che le possa certificare. Vere e proprie fake news dal momento che ad oggi nessun ricercatore cubano è stato arrestato per le proprie posizioni sul vaccino a Cuba. Un amalgama di pregiudizi verso Cuba, verso il popolo cubano e verso il rinomato sistema di sanità, di ricerca biomedica e biotecnologica pubblica cubana. A Cuba inoltre la sanità e la salute pubblica non dipendono dalle case farmaceutiche occidentali private perché esiste BioCubaFarma, azienda pubblica farmaceutica nonché fulcro della ricerca biomedica pubblica.

A Cuba nessuno fa profitto sulla salute perché è considerato un diritto umano accessibile a tutti e non in vendita. A giugno 2014, in occasione della sua visita a L’Avana, Margaret Chan, direttrice generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si disse impressionata per i successi ottenuti: «Cuba è l’unico paese che dispone di un sistema sanitario basato sulla ricerca e sullo sviluppo a sistema chiuso. Questa è la strada da percorrere perché solo attraverso l’innovazione si può pensare di migliorare la sanità. (…) Gli sforzi compiuti dalla classe dirigente del Paese per fare della sanità un fondamentale pilastro per lo sviluppo». É difficile spiegare queste nozioni in un Paese che elargisce un sacco di soldi a sanità ed istruzione privata, di cui peraltro Burioni fa parte. L’Università Vita-Salute San Raffaele (UniSR), in cui è professore ordinario, è un ateneo privato fondato nel 1996 all’interno dell’Opera San Raffaele da Don Luigi Maria Verzé, che ne è stato rettore fino alla morte, nel 2011. Era il 1978 quando Emma Bonino e Marco Pannella denunciavano in Parlamento la “gestione mafiosa del San Raffaele”. Il denaro pubblico dato all’ospedale San Raffaele, secondo loro, finiva “nelle mani di loschi gruppi di potere clericali che lo utilizzano per attività speculative e clientelari, sulla pelle degli ammalati”. Ecco cosa avviene nelle “belle democrazie occidentali”. Poi avvenne il crac miliardario, l’inchiesta sui fondi neri, i legami con Berlusconi e con il Sismi di Pollari: tutte cose degne della sanità privata. Sebbene Verzè avesse espresso ammirazione per Fidel Castro, aveva appresso ben poco dal sistema cubano e ne era l’essenza dell’esempio opposto.

Burioni e i conflitti d’interesse con le case farmaceutiche

Burioni è da sempre in buoni rapporti con le case farmaceutiche e può darsi che non concepisca un modello di ricerca pubblica senza profitto e senza privati, preferendo divulgare su Twitter la scoperta dell’efficacia al 70% degli anticorpi monoclonali umani prodotti dalla casa farmaceutica Ely Lilly, produttrice del Prozac. Secondo Codacons (dati non ancora smentiti da nessuno) Roberto Burioni sarebbe in ottimi rapporti con le case farmaceutiche, le quali hanno sponsorizzato varie sue attività e progetti. Il suo libro “Il vaccino non è un’opinione”, pubblicato a settembre 2016, sarebbe stato sponsorizzato da colossali farmaceutici come GlaxoSmithKline Biological e Sanofi-Pasteur MSD. Tra l’altro, dall’esposto emerge che il dottor Burioni sarebbe stato autore del progetto “Dalla vaccine hesitancy alla vaccine recovery”, finanziato con il contributo incondizionato di Merck&Co erogato da MSD Italia, casa farmaceutica che avrebbe versato alla fondazione Lorenzini per il progetto la somma di 352.000 euro nel 2017. Nel 2021, è stato ingaggiato dalla Roche per una collaborazione da 10mila euro. Nel 2018, la Pfizer gli elargì per una consulenza 4.500 euro. La somma totale che ha ricevuto dalle case farmaceutiche è di oltre 25.675 euro.