Cosa ne sarà di noi?

La nuova legge sui servizi digitali dell’UE costringerà tutte le principali piattaforme online a censurare le informazioni mediche e quelle elettorali.

La censura sta aumentando rapidamente e gran parte di essa è chiaramente gestita dai governi; non è una censura diretta ma di fatto le notizie vengono adeguatamente “filtrate” dai social media che dovrebbero invece esserne cassa di risonanza.

Fai una prova: scrivi sul tuo motore di ricerca “esitazione vaccinale” o “esitazione vaccini” … almeno nelle prime dieci pagine compaiono solo siti istituzionali, al dissenso non è dato spazio. Non puoi ricevere alcuna notizia a meno che tu non conosca direttamente i siti o le fonti dove cercare.

In definitiva possiamo parlare e scrivere ma ci viene impedito di essere ascoltati.

Come riportato da Politico:

“Le aziende dovranno inoltre condurre valutazioni annuali dei rischi che le loro piattaforme comportano su una serie di questioni come la salute pubblica, la sicurezza dei bambini e la libertà di espressione. Saranno tenuti a definire le misure adottate per affrontare tali rischi”.

Società esterne controlleranno per verificare se stiano promuovendo una serie di contenuti dannosi, ad esempio contenuti che mettono in pericolo la salute pubblica o durante le elezioni. Le multe possono arrivare fino al 6% del loro fatturato annuo globale e casi molto gravi di violazione potrebbero portare le piattaforme a dover affrontare divieti temporanei.

Le parole chiave sono “contenuti che mettono in pericolo la salute pubblica” ed “elezioni”. Quali informazioni ci arriveranno?

In Canada l’Online News Act obbliga le società di social media a pagare le testate giornalistiche nazionali per i contenuti condivisi sulle loro piattaforme con l’effetto che tutti i collegamenti alle notizie vengano eliminati, in America l’Anti-Defamation League (ADL) preferisce tattiche come lo shadow-banning, in cui la portata di un account o di un post è fortemente limitata: “Tutti dovrebbero avere libertà di parola, ma non libertà di portata”, sono le parole del direttore dello sviluppo dell’ADL Courtney Kravitz. Nell’Unione Europea è entrata in vigore il 25 agosto 2023 la nuova legge chiamata Digital Services Act (DSA) contro l’espressione di dissenso politico, propaganda filo-russa e altre “notizie false”. Come già successo a WikiLeaks ora è The Grayzone, il media online americano estremamente critico della politica estera USA, a vedersi chiudere, senza reali spiegazioni, la possibilità di ricevere donazioni dai lettori tramite GoFundMe (di fatto il loro unico mezzo di sussistenza).

Tutto ciò viene fatto passare come lotta “anti-odio”, ma quali sono le parole riconosciute come “odiose”?

Ne abbiamo avuto prova lampante durante l’emergenza COVID quando in qualche modo le informazioni mediche non in linea con le decisioni politiche erano considerate “odiose” e chi le diffondeva veniva depiattaformato e tagliato fuori per il “crimine” di condividere opinioni e pubblicazioni scientifiche.

Allora siamo stati censurati sui social media, ora siamo rimossi dalla Ricerca Google…

La libertà di parola senza possibilità di ascolto non è libertà.