L’efficacia indica la capacità di un provvedimento, di un evento, di una sostanza di produrre l’effetto desiderato. Una legge è efficace quando si riducono i crimini che essa sanziona; lo è una manifestazione quando raggiunge l’obiettivo per cui è stata indetta; lo è un vaccino se riduce i contagi causati dal virus verso cui è rivolta l’immunizzazione.
L’efficacia va paragonata o ad un altro tipo di intervento o all’assenza di qualsiasi iniziativa. Ad esempio, l’efficacia dei vaccini antinfluenzali si misura contro un placebo o contro nessun intervento rivolto a contrastare l’influenza naturale. Per stabilire correttamente la percentuale di efficacia di un vaccino, occorre tenere conto anche delle probabilità di sviluppare quella malattia in una data popolazione. Per questo motivo appare utile calcolare, il numero di persone che è necessario vaccinare (NNV) per evitare quella determinata malattia. Per evitare 1 caso di influenza e 1 di sindrome simil-influenzale (ILI- patologie non clinicamente distinguibili dall’ influenza, che includono sia le patologie provocate da virus influenzali A e B, sia infezioni da altri microrganismi che danno sintomi analoghi), dovrebbero essere vaccinati rispettivamente 5 e 12 bambini. Per gli adulti (16-65 anni), si calcola che occorre vaccinare 29 e 71 soggetti, 55 tra le donne gravide e 30 anziani per evitare un’influenza, 42 per evitare una ILI (che include l’influenza).
Che la protezione dall’infezione dei vaccini COVID diminuisca nell’arco di pochi mesi è ormai accertato. Ma oggi è ormai dimostrata l’efficacia negativa: vaccinarsi aumenta la probabilità di contrarre il virus. La protezione vaccinale dall’infezione, molto buona/buona dopo 14 giorni dall’inoculo, declina a distanza di mesi dalla seconda dose, fino ad azzerarsi e persino a invertirsi. Così, i soggetti completamente vaccinati diventano addirittura meno protetti dall’infezione rispetto ai non vaccinati.
E’ un dato di cui si parla poco (non a caso), eppure è di importanza fondamentale sulla legittimità costituzionale delle norme sull’obbligo vaccinale. La Corte si è già espressa sostenendo la costituzionalità dell’obbligo “se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”. Le evidenze e le prove accumulate negli ultimi mesi che attestano l’efficacia negativa indicano chiaramente che, nel medio termine, “gli altri” sarebbero meglio tutelati proprio senza vaccinazioni universali della popolazione.
La letteratura a riguardo è ampia, potete consultarne una parte qui .
Mi limiterò a riportare un grafico, tratto da uno studio italiano, in cui è evidente che l’efficacia della vaccinazione diventa negativa dopo 28 settimane dalla vaccinazione proprio nelle persone ad alto rischio di avere conseguenze gravi dalla COVID. Anziani, residenti in case di riposo, lungodegenti, immunocompromessi che, dopo 7 mesi dalla vaccinazione, ripetiamolo ancora più chiaramente per chi non vuol capire o fa finta di non capire, presentano un rischio maggiore di infettarsi se vaccinati rispetto ai non vaccinati.
Sono dati riferiti all’infezione da variante Delta. La variante Omicron, ora dominante, è ovunque riconosciuta come molto meno letale, 8,7 volte meno di Delta. Oltretutto, la riduzione di pericolosità di Omicron è maggiore nei non vaccinati.
La 3a dose fa risalire la protezione dall’infezione ai livelli iniziali, ma il declino successivo appare persino più rapido, come ancor più rapido sembra quello che segue alla 4a dose o secondo booster.
Non riporterò i dati dei bambini di 5-11 anni, potete consultarli qui, ricordo soltanto che, secondo l’Istituto Superiore di Sanità i vaccinati presentano un rischio progressivamente crescente di infezione che ha raggiunto il 35,4% in più rispetto ai non vaccinati nell’ultimo bollettino (poi i dati non sono stati più forniti).
Difendere l’indifendibile
C’è chi sostiene che si tratta di interpretazioni errate degli studi: l’efficacia appare negativa non perché i vaccini agiscano negativamente sul sistema immunitario degli immunizzati, ma a causa dei comportamenti sociali diversi dei vaccinati rispetto ai non vaccinati. Questi ultimi si contagerebbero meno perché limitano maggiormente i contatti interpersonali, o adottano in modo più rigoroso le misure non farmacologiche di riduzione del rischio di infezione. Ipotesi fantasiosa, già smentita: è noto e documentato che chi non si vaccina ha meno timore della COVID rispetto a chi si vaccina e quindi adotta comportamenti non ossessivi e meno cauti rispetto a chi sceglie tre inoculazioni. Inoltre, i non vaccinati sono stati costretti per mesi ad eseguire tamponi di controllo ogni 48 ore per poter lavorare, a differenza dei vaccinati che sono stati esentati grazie alla certificazione verde. Se entrambi i gruppi fossero stati sottoposti allo stesso numero di tamponi, l’efficacia negativa si sarebbe manifestata prima e con maggiore evidenza.
L’altra accusa è che gli studi epidemiologici osservazionali siano poco attendibili perché affetti da molteplici distorsioni: siamo d’accordo lo abbiamo scritto anche quando si voleva rendere obbligatoria la vaccinazione antinfluenzale per il personale sanitario e gli anziani. La cosa curiosa è che è proprio in base a questo tipo di studi, criticati solo adesso, sono stati adottati obblighi vaccinali, stabilito la necessità della 3a e 4a dose, deciso la vaccinazione dei bambini, senza che alcuna Autorità abbia preteso quell’ evidenza scientifica che adesso è tanto invocata.
Riformulare gli appelli
La sentenza n.282/2002 della Corte Costituzionale afferma: “la pratica dell’arte medica si fonda sulle acquisizioni scientifiche e sperimentali, in continua evoluzione”. I vaccini COVID, approvati in gran fretta per uso emergenziale, sono necessariamente oggetti di una continua rivalutazione di tutti i dati via via pubblicati nelle maggiori riviste scientifiche mediche mondiali. E’ stato subito chiaro come questi vaccini non fossero in grado di bloccare la diffusione dei virus (e la conferma si è avuta presto sul campo, da Israele e Regno Unito). Oggi sappiamo che dopo pochi mesi la protezione si inverte, ed i vaccinati si infettano di più.
In questi mesi abbiamo letto e ascoltato questo genere di affermazioni: “vaccinarsi è un obbligo morale per sé e verso gli altri” (Papa Francesco), “la vaccinazione è un dovere morale e civico” (Presidente Mattarella), “non ti vaccini, ti ammali, contagi, qualcuno muore” (Presidente Draghi).
Questi autorevoli appelli, in coerenza con i principi etici che li hanno ispirati, andrebbero riformulati in base alle nuove conoscenze scientifiche.