Il 17 e 18 agosto  scorsi si è tenuto in India, nello stato del GUJARAT,  un importante Meeting promosso dall’OMS sulle medicine cosiddette tradizionali, complementari e integrative (TCIM).

E’ la prima volta che in un contesto simile si sviluppano temi di confronto che riguardano l’esistenza stessa di queste discipline considerate sotto il profilo della salute globale.

Sono stati proposti modelli universalistici come l’UHC (Universal Health Coverage) o l’SDGs, in una ottica di benessere globale che si può sintetizzare nello slogan proposto: “One Earth, One Family, One Future”, ovvero come combinare metodi e cooperare per ottenere una salute sostenibile per tutti.

Il documento emesso dai rappresentanti di oltre 100 paesi di tutto il mondo e targato OMS, sancisce l’importanza di tutte le discipline mediche che denominiamo tradizionali, qualora applichino rigorosi metodi scientifici per assicurare efficacia, sicurezza e adeguatezza ai trattamenti.

Nel punto 9 del documento viene ribadito che il principale requisito della medicina è quello di NON NUOCERE. Quindi la sicurezza del paziente è un principio essenziale nell’applicazione delle TCIM.

Il “primum non nocere” non è solo di ispirazione Ippocratica, ma è comune a molte medicine tradizionali, che già rispettano o hanno nella loro normativa ben presente questo principio a differenza di altri approcci in possesso di un marchio scientifico che sono ben lontani da rispettare questo proposito.

Nel punto 18 si incoraggiano tutte le nazioni coinvolte a produrre ricerca anche in ambito accademico. E’ ben evidente che il mondo universitario è fortemente restio a informare gli studenti della semplice esistenza della TCIM e tantomeno di promuoverle. Questo nel nostro paese è più che evidente con la giustificazione della scarsa rispondenza alle EBM.

Nei punti 20 e segg. si insiste molto sula necessità di sviluppare gli standard, cosa auspicabile avendone però i mezzi necessari.

E’ stato evidenziato come in Europa ci sia un forte ritardo nella regolamentazione delle TCIM. Più di 100 paesi in tutto il mondo integrano e regolamentano gli approcci medici tradizionali o complementari nei sistemi sanitari.

In Italia la Regione Toscana sembrava fungere da apripista in questa direzione, ma le altre regioni hanno seguito cammini diversi e non hanno valorizzato questa prospettiva che avrebbe potuto evitare parte della crisi sanitaria che stiamo vivendo.

Certo l’UE non ha favorito attivamente questa regolamentazione nel settore pubblico e tantomeno ha incentivato l’informazione in sede accademica.

Mentre 97 dei 157 stati membri affiliati al summit hanno una POLITICA NAZIONALE, sulle TCIM, solo il 21% degli stati dell’EU dispone di un istituto di ricerca nazionale per le medicine tradizionali e complementari (già denominate, alternative, non convenzionali, e ora integrate o meglio integrative).

Se nel documento si incentiva la promozione di studi scientifici validati delle TCIM, nel reperimento dei mezzi necessari mancano chiare rassicurazioni.

Anche l’incentivazione delle biodiversità (punto 29) appare piuttosto una idea strumentale considerando la Governance dell’OMS, così come viene descritto il sostegno delle pratiche erbalistiche indigene che al contrario sono dileggiate e collocate nel rogo delle discipline stregonesche e antiscientifiche.

Queste medicine sono basate sull’esperienza di centinaia di milioni di pazienti e di centinaia d’anni di pratica. Lo sforzo richiesto è quello di comprimere i vari paradigmi nei rigidi criteri di verifica delle EBM. Ma è necessario connetterle con il mondo scientifico rispettandone i principi e stabilire standard di evidenza accessibili bilanciando rischi e risultati. Per questo non bisogna dimenticare i pazienti, non solo visti come fruitori, ma come responsabili e coinvolti nel processo decisionale della propria salute.