L’immunità al SARS-CoV-2 può persistere per 7 mesi dopo la malattia, il rischio di reinfezione è relativamente basso secondo uno studio austriaco di cui pubblichiamo una sintesi.
I ricercatori hanno esaminato i tassi di reinfezione durante la seconda ondata di COVID-19 tra i14.840 individui guariti dalla COVID-19 durante la prima ondata rispetto ai tassi di infezione primaria nella restante popolazione austriaca.
Durante la seconda ondata, la positività al SARS-CoV-2 confermata dalla PCR è stata riportata in 40 persone già ammalatesi nella prima ondata (0,27%) e in 253.581 persone della popolazione generale (2,85%).
La riduzione del rischio di reinfezione è maggiore del 90%. Questo effetto protettivo è durato per almeno 7 mesi, pertanto non sembra essere urgente vaccinare i guariti da COVID-19, soprattutto se c’è poca disponibilità di vaccini.
Abstract
Contesto: Una domanda chiave relativa alla COVID- 19 è quanto sia efficace e duratura l’immunità contro questa malattia negli individui precedentemente infettati da SARS-CoV-2 ed abbiano manifestato una sindrome respiratoria acuta grave. Abbiamo valutato il rischio di reinfezioni da SARS-CoV-2 nella popolazione generale in Austria.
Metodi: E’ uno studio osservazionale retrospettivo che utilizza i dati nazionali relativi alle infezioni da SARS-CoV-2 rilevati dal sistema austriaco di segnalazione epidemiologica. Come risultato primario, è stata valutata la probabilità di re-infezioni da SARS-CoV-2 nei sopravvissuti alla prima ondata (da febbraio al 30 aprile 2020) della COVID-19 rispetto alle probabilità di prima infezione nella popolazione generale rimanente, monitorando la reazione a catena della polimerasi (PCR) e le infezioni confermate di entrambi i gruppi durante la seconda ondata dal 1° settembre al 30 novembre 2020. I conteggi delle reinfezioni sono provvisori, poiché non è possibile escludere che una PCR positiva nella prima e/o nella seconda ondata potrebbe essere stata una risposta falsa positiva.
Risultati: abbiamo registrato finora 40 casi di reinfezione nei 14.840 sopravvissuti alla prima ondata della COVID- 19 (0,27%) e 253.581 infezioni in 8.885.640 individui nella popolazione generale (2,85%) che si traduce in un odds ratio (intervallo di confidenza del 95%) di 0,09 (da 0,07 a 0,13).
Conclusioni: abbiamo osservato un tasso di reinfezione da SARS-CoV-2 relativamente basso in Austria. La protezione contro la SARS-CoV-2 dopo l’infezione naturale è paragonabile all’efficacia dei vaccini valutata secondo le stime più alte attualmente disponibili. Sono necessarie ulteriori ricerche ben progettate su questo tema per migliorare le decisioni basate sulle prove per adottare le misure di sanità pubblica e adeguate strategie di vaccinazione.
PAROLE CHIAVE: COVID- 19, epidemiologia, PCR, reinfezione, rischio, SARS- CoV- 2 v
1 INTRODUZIONE
La pandemia di COVID- 19 ha comportato una grave crisi per la salute pubblica. 1,2 Una domanda chiave riguardante le misure contro COVID-19 è l’entità e la durata dell’immunità contro questa malattia in individui precedentemente infettati da SARS- CoV-2. 3- 10 Le strategie di vaccinazione, le considerazioni sull’immunità di gregge e i futuri scenari pandemici dipendono dall’efficacia e dalla durata dell’immunità contro il virus. 5
I dati sulle risposte immunitarie al SARS-CoV-2 sono limitati da incertezze riguardanti le loro dinamiche nel tempo e la loro rilevanza clinica con riferimento alla protezione contro le reinfezioni. 3- 10 Ci sono prove di re-infezioni da numerosi casi clinici, ma a volte è difficile differenziare tra vere reinfezioni e una persistenza del virus che può prolungarsi fino a circa 4 mesi. 5,11,12 In particolare, uno studio su 12.541 operatori sanitari nel Regno Unito ha recentemente trovato importanti protezioni contro la reinfezione per coloro che avevano anticorpi anti-SARS-CoV-2 (anticorpi per anti-spike e anti-nucleocapside) rispetto a quelli che non li avevano. 13 Dopo un follow-up fino a 31 settimane, hanno calcolato un rapporto di 0,11 (95% di intervallo confidenza (IC): da 0,03 a 0,44; P = .002) per le reinfezioni tra operatori sanitari positivi alle prime infezioni rispetto a lavoratori con titolo anticorpale negativo. 13 Allo stesso modo, un altro studio sugli operatori sanitari del Regno Unito non ha riportato alcun caso di reinfezione in 1.038 individui con precedente infezione da SARS-CoV-2 documentata da PCR e/o stato anticorpale. 10 Sebbene questi studi suggeriscano un’elevata protezione contro le reinfezioni da SARS-CoV-2 negli operatori sanitari, il rischio di recidiva nella popolazione generale rimane incerto.
L’Austria è stata colpita precocemente dalla pandemia con una prima ondata che si è verificata dal 22 febbraio al 30 aprile 2020. I dati sul tasso di reinfezione durante la seconda ondata dal 1° settembre al 30 novembre possono fornire, come stima approssimativa, evidenze in merito all’immunità contro la SARS-CoV-2 per più di mezzo anno. 14,15 Pertanto, abbiamo esaminato i dati del sistema di segnalazione epidemiologica austriaco (ERS) fornito dal l’Agenzia austriaca per la salute e la sicurezza alimentare (AGES). 15. Come risultato primario, abbiamo confrontato le probabilità di reinfezioni per SARS-CoV-2 in sopravvissuti alle prime infezioni da COVID- 19 rispetto al resto della popolazione generale durante la seconda ondata di infezione. Inoltre, abbiamo valutato anche i dati dei ricoveri durante entrambe le ondate di infezione e dei decessi per COVID-19 durante la seconda ondata, al fine di ottenere misure sulla gravità della malattia.
2 METODI
I dati per questo studio sono stati tratti dall’ERS austriaco che monitora l’andamento dell’infezione da SARS-CoV-2 in Austria, inclusi, tra gli altri, ospedalizzazione e decessi per COVID-19. 15
Pazienti che hanno presentato una positività alla reazione a catena della polimerasi (PCR) durante sia la prima che la seconda ondata di infezione sono qui indicati come pazienti con “reinfezioni provvisorie”. Usiamo il termine reinfezione “provvisoria” perché un certo numero di questi casi potrebbe presentare risultati falsamente positivi ai test durante la prima e/o la seconda ondata. Questo è basato sulla considerazione che la specificità (con regione di confidenza 95%) dei test PCR (test di amplificazione degli acidi nucleici) per SARS-CoV-2 è inferiore al 100%, con il 98,1% (da 95,9 a 99,2%) secondo una recente meta-analisi. 16
Il gruppo “sopravvissuti alla COVID-19” è stato ottenuto includendo gli individui positivi alla PCR per SARS-CoV-2 meno i deceduti da COVID-19 riportati dal 22 febbraio al 30 aprile. Il gruppo di controllo (“gruppo di popolazione generale”) è rappresentato dagli austriaci rimanenti (la popolazione austriaca registrata il 1° gennaio era di 8.901.064 individui) meno tutti i pazienti risultati positivi a SARS-CoV-2 durante la prima ondata.17 In Austria, il cambiamento del numero di abitanti di anno in anno è generalmente significativamente inferiore all’1%. 17 Il periodo di osservazione per il monitoraggio delle infezioni da SARS-CoV-2 è stato dal 1° settembre al 30 novembre (data prestabilita per le nostre analisi), corrispondente a ciò che chiamiamo seconda ondata.
Per l’analisi dei risultati primari, abbiamo calcolato il rapporto di probabilità (OR) (con intervallo di confidenza al 95% [IC]) di re-infezioni da SARS-CoV-2 nel gruppo sopravvissuto alla COVID-19 rispetto alle prime infezioni nel gruppo della popolazione generale.
3 RISULTATI
Dei 15.424 pazienti positivi ai test per SARS-CoV-2 durante la prima ondata, 584 sono deceduti per COVID-19, quindi il gruppo di sopravvissuti a COVID-19 è composto da 14.840 soggetti. Escludendo tali soggetti, la popolazione generale risulta essere rappresentata da 8.885.640 individui.
Nel periodo di osservazione dal 1° settembre al 30 novembre abbiamo registrato un numero provvisorio di 40 re-infezioni nel gruppo dei sopravvissuti alla COVID- 19 (0,27%) e 253.581 nuove infezioni nel gruppo della popolazione generale (2,85%). L’OR (con IC al 95%) per le infezioni nel gruppo dei sopravvissuti alla COVID-19 rispetto al gruppo di popolazione generale era 0,09 (IC 95%, da 0,07 a 0,13).
Le caratteristiche dei 40 casi di reinfezione sono riportate nella tabella 1. Nel numero provvisorio di pazienti con re-infezioni, il 62,5% erano donne e l’età media (dal 25 ° al 75 ° percentile; minimo– massimo) alla prima infezione era di 39,8 anni (da 25,9 a 54,5; 15,4 – 93,8). La media (±deviazione standard) di tempo dalla prima alla possibile reinfezione è stato di 212 ± 25 giorni. Delle 40 possibili reinfezioni, ne sono state documentate a settembre, ottobre e novembre rispettivamente 4, 12 e 24 (sulle 18.106, 61.384 e 1.774.131 totali infezioni rispettivamente).
Lo stato di ricovero codificato come sì, no e sconosciuto era rispettivamente 8, 31 e 1 per la prima infezione e 5, 27 e 8 per la possibile reinfezione.
Quattro pazienti sono stati ricoverati in entrambe le ondate di infezione.
I dati di ospedalizzazione sconosciuti durante la seconda ondata sono probabilmente dovuti a un ritardo nell’inserimento dei dati di ricovero nell’ERS.
Con il follow-up sulla mortalità disponibile fino al 23 dicembre, solo una donna di 72 anni è morta due giorni dopo la sua diagnosi di possibile reinfezione. Non è stata ricoverata in ospedale e nella sua cartella clinica era riportato che la causa di morte (occlusione vascolare di un’estremità con rabdomiolisi) non fosse attribuita causalmente alla COVID- 19.
4 DISCUSSIONE
Utilizzando i dati dall’ERS abbiamo documentato un rischio di reinfezione relativamente basso per la SARS-CoV-2 nella popolazione generale dell’Austria. I pazienti con reinfezioni coprivano entrambi i sessi, una vasta fascia di età e comprendevano anche soggetti ricoverati in ospedale durante entrambi gli episodi.
Il nostro studio è, al meglio delle nostre conoscenze, la prima indagine sistematica sul rischio di possibile reinfezione con SARS-CoV-2 in un’ampia popolazione nazionale. Diversi casi clinici indicano che il rischio di reinfezione da SARS-CoV-2 nella popolazione generale sia possibile, ma senza fornire la quantificazione l’entità del rischio. Questo richiede un confronto standardizzato con il rischio di infezione “di fondo” nella popolazione generale. 3- 5 Sebbene esistano dati sulle risposte immunitarie da precedenti infezioni da SARS-CoV-2, essi possono essere considerati solo come indicatori di una precedente infezione e della protezione clinica contro le reinfezioni ad essa associata, e sono pertanto necessari studi come il nostro per stabilire la possibile protezione da reinfezioni in quanti siano stati precedentemente esposti al virus. 3- 5 E’ importante sottolineare che lo studio di Lumley et al su 12.541 soggetti ha documentato tra gli operatori sanitari una protezione contro la reinfezione per coloro che avevano anticorpi anti-SARS-CoV-2 con un rischio relativo (0,11) molto simile a quello da noi osservato. 13 Mentre l’indagine di Lumley et al. era limitata ad una popolazione specifica di operatori sanitari prevalentemente sani di età pari o inferiore a 65 anni ed era basata su solo due reinfezioni in individui sieropositivi, il nostro studio estende questa conoscenza con dati da un’indagine molto più ampia basata sulla popolazione utilizzando esclusivamente casi di infezione da SARS-CoV-2 confermati dalla PCR. 13 E’ importante sottolineare che un recente studio che ha utilizzato PCR per SARS- CoV- 2 e dati di test anticorpali da 66.001 pazienti da un laboratorio nel sud-ovest di Londra ha documentato 8 pazienti con evidenza di reinfezioni e calcolato un rischio relativo di reinfezioni rispetto alle prime infezioni di 0,0578 (95% IC: da 0,0288 a 0,1160) 18 anche esso compatibile con la nostra stima.
I nostri dati non includono caratteristiche cliniche dettagliate dei pazienti con possibile reinfezione, ma è importante che questi pazienti fossero di entrambi i sessi, con un vasto range di età, anche ospedalizzati. Studi precedenti indicano un’alta correlazione tra anticorpi neutralizzanti contro SARS- CoV-2 e la gravità della COVID-19. Questo a sua volta suggerisce che quei pazienti con infezioni più gravi possono sviluppare una risposta immunitaria umorale protettiva più forte contro la SARS-CoV-2 rispetto a quelli con infezioni meno gravi. Questa ipotesi, tuttavia, non è fortemente supportata dai nostri risultati poiché molti pazienti con possibile reinfezione erano stati ricoverati in ospedale durante la loro prima infezione. 8 Per quanto riguarda la durata dell’immunità acquisita contro le reinfezioni da SARS-CoV-2, noi abbiamo dati con un tempo mediano di follow-up di circa 7 mesi.
È importante sottolineare che non vi era alcun chiaro segno di diminuzione della protezione contro le reinfezioni nelle analisi stratificata mensile dei casi di reinfezione.
In vista delle discussioni in corso sugli approcci alla vaccinazione anti COVID-19, i nostri dati suggeriscono che la protezione contro la SARS-CoV-2 dopo l’infezione naturale sia più o meno simile all’efficacia stimata del vaccino con i prodotti autorizzati fino ad oggi, sebbene non sia possibile effettuare un confronto diretto a causa delle differenze nella progettazione dello studio e le popolazioni in oggetto. 19,20 Tuttavia, crediamo basandoci sui nostri risultati, che occorra prudenza nel raccomandare di sottoporre alla vaccinazione per SARS- Cov-2 le persone che hanno presentato una precedente infezione documentata con PCR fintanto che ci sarà una carenza di vaccini.
I nostri risultati sull’esistenza di una protezione significativa contro le re-infezioni da SARS-CoV-2, forniscono anche prove per l’instaurazione della “immunità di gregge” tra la popolazione, in particolare a causa di un’enorme sottostima dei casi di SARS-CoV-2. 21,22 La prevalenza relativamente elevata di persone che sono già state infettate da SARS-CoV-2 insieme al numero attualmente in rapido aumento di individui vaccinati può concorrere a creare una ‘immunità di gregge’ che, si spera, porrà fine a questa pandemia nel prossimo futuro. 2,23,24 Questo potrebbe già essere il caso di alcuni paesi come l’India, dove la sieroprevalenza nelle indagini nazionali è salita rapidamente dallo 0,7% di maggio al 7% di agosto e al 60% di novembre. 25-27 Di conseguenza, l’ondata epidemica in India (sia per casi documentati che per decessi da COVID- 19) è in gran parte diminuito nel febbraio 2021. Va tuttavia rilevato che il concetto di immunità di gregge è stato recentemente contestato dalla ricomparsa di COVID-19 a Manaus, Brasile, una regione in cui i dati sulla sieroprevalenza indicavano che circa il 76% della popolazione era stato colpito da SARS-CoV-2 entro ottobre 2020.28 Non è noto se ci sia stato un errore con sopravvalutazione della sieroprevalenza nella prima ondata, o la recrudescenza possa essere spiegata dall’avvento di un nuovo ceppo (P1) ad alta propensione di reinfezione. E’ necessario un attento monitoraggio dei nuovi ceppi e della loro capacità di eludere le risposte immunitarie naturali esistenti e l’immunità indotta dal vaccino.
I nostri risultati sono limitati a causa della mancanza di informazioni cliniche caratteristiche dettagliate, la natura osservazionale del nostro studio e la forte dipendenza dalla qualità dei dati dell’ERS. I 40 possibili casi di reinfezione hanno dati demografici abbastanza simili alla totalità dei casi documentati di COVID-19 in Austria, ma sono limitati per effettuare confronti formali significativi. 9 I dati sui ricoveri sono molto scarsi e quelli sui ricoveri durante la seconda ondata mancano per alcuni partecipanti probabilmente, a causa di un ritardo nella loro comunicazione. Le infezioni nella prima ondata potrebbero essere state molte di più rispetto a quelle documentate, quindi in parte della popolazione generale i controlli possono effettivamente rappresentare persone già infette nella prima ondata. Inoltre, è possibile che il rischio relativo di reinfezione sia sovrastimato, se si considera il fatto che i casi di reinfezione possano essere artefatti di falsi positivi alla PCR in entrambe le ondate; e sottovalutato se le persone infettate nella prima ondata avevano meno probabilità di essere testate nella seconda ondata rispetto ad altre persone che avevano gli stessi sintomi. In questo contesto, Lumley et al hanno riferito che gli operatori sanitari sieropositivi hanno partecipato a screening asintomatici meno spesso degli operatori sanitari sieronegativi con un rapporto di 0,76 (95% CI: 0,73-0,80), un risultato simile rispetto a un altro studio del Regno Unito. 10,13 Un altro limite del nostro lavoro è che non abbiamo avuto accesso ai dati relativi al sequenziamento virale per un confronto tra la prima e la reinfezione, e non è chiaro come le nostre scoperte si possano generalizzare nel rischio relativo alla reinfezione da diverse varianti genetiche di SARS-CoV-2.
Infine, dobbiamo sottolineare che i nostri risultati principali sono solo una stima approssimativa del rischio di reinfezione da SARS-CoV-2, che richiede conferma urgente in altre popolazioni e altri studi.
In conclusione, in Austria abbiamo osservato attualmente un tasso di reinfezione da SARS-CoV-2 relativamente basso il che suggerisce che una precedente infezione da SARS-CoV-2 abbia la stessa efficacia della vaccinazione. 5,19,20 Questi dati possono essere utili per adottare decisioni sulle misure di salute pubblica e sulle strategie di vaccinazione per combattere la pandemia di COVID-19. 2,19,20,23,24 Ulteriori studi sono necessari per migliorare le nostre conoscenze su rischio di reinfezione da SARS-CoV-2, sui suoi fattori predisponenti e sul significato clinico.
Eur J Clin Invest. 2021; 00: e13520. https://doi.org/10.1111/eci.13520 wileyonlinelibrary.com/journal/eci DOI: 10.1111 / eci.13520