Gli “effetti aspecifici” dei vaccini (detti anche effetti “eterologhi” o effetti “off-target”) sono definiti come effetti che esulano dagli effetti protettivi specifici contro le malattie target, le malattie per cui ci si vaccina. Non devono essere confusi con gli “effetti collaterali” dei vaccini, quali le reazioni locali nel sito di iniezione (indolenzimento, dolore, gonfiore, eritema, indurimento, ematoma) o le reazioni sistemiche (febbre, mal di testa, esantema, dolore articolare e muscolare) che di solito si risolvono entro giorni o settimane, o i rari casi di anafilassi.
Gli effetti aspecifici potrebbero teoricamente essere dannosi, aumentando la suscettibilità a infezioni non target o causare effetti indesiderati sullo stato generale di salute. Un bambino vaccinato potrebbe, ad esempio, andare incontro a un numero maggiore di episodi infettivi di qualsiasi tipo, o sviluppare patologie croniche più frequentemente rispetto a un non vaccinato.
Gli effetti aspecifici potrebbero, al contrario, essere benefici, aumentando la protezione contro infezioni non target; o, infine, potrebbero essere reali ma trascurabili da un punto di vista clinico.
Quando venne introdotto il vaccino per il vaiolo, si osservò una protezione inaspettata contro diverse altre condizioni, quali le malattie atopiche, il morbillo, la scarlattina e la sifilide. Con il vaccino BCG si notò una mortalità di gran lunga inferiore tra i bambini vaccinati con BCG, non spiegata soltanto dalla sola prevenzione della tubercolosi.
L’ipotesi di una “immunità aspecifica” fu rilanciata negli anni ’90, nell’Africa occidentale (Guinea-Bissau e Senegal), a seguito di studi clinici su un nuovo vaccino per il morbillo ad alto titolo. Questa formulazione poteva essere somministrata a partire dai 4-5 mesi di età e fu efficace contro il morbillo, ma fu associata a un inaspettato raddoppio della mortalità tra le femmine rispetto al vaccino standard per il morbillo somministrato a 9 mesi. Questo effetto negativo indusse a studiare altri vaccini di routine per potenziali effetti aspecifici o differenziati in base al sesso. Alcuni studi osservazionali rilevarono effetti aspecifici per tutti i vaccini pediatrici di routine e questo consentì di eseguire alcuni RCT che confermarono effetti aspecifici benefici dei vaccini standard per morbillo e BCG contro la sepsi e le infezioni respiratorie sostenute da qualsiasi germe.
Al contrario, il vaccino DTP (difterite-tetano-pertosse), sebbene protettivo contro le malattie target, aumenterebbe la mortalità femminile per altre infezioni. Le osservazioni che attestano che i vaccinati con DTP (in particolare le ragazze) presentano una mortalità significativamente più alta rispetto ai non vaccinati con DTP sono state condotte in paesi a basso reddito, dove morbilità generale e mortalità per tutte le cause sono ancora alte anche in ambito pediatrico. In queste situazioni gli effetti aspecifici del vaccino possono essere più importanti rispetto a quelli specifici per la salute in generale.
La revisione commissionata dall’OMS sugli RCT e sugli studi osservazionali riguardo agli effetti aspecifici del vaccino contro il morbillo sostiene l’esistenza di un effetto benefico, con prove di qualità bassa (classificazione GRADE: i risultati sono poco credibili, è necessaria ulteriore ricerca per ottenere stime affidabili sugli effetti positivi e negativi dell’intervento). Le ragazze sembrano aver presentato benefici maggiori. Il Gruppo strategico in materia di immunizzazione dell’OMS ha comunque concluso che “gli effetti aspecifici sulla mortalità per tutte le cause meritano ulteriori indagini“.
Si tratta ancora una volta di studi effettuati in paesi a basso reddito, con caratteristiche di salute infantile molto diverse da quelle dei paesi ad alto reddito. E’ per questo che commentiamo con particolare interesse lo studio realizzato tra i bambini danesi di età compresa tra i 6 e i 12 mesi. Gli autori sottolineano come la maggior parte degli studi sugli effetti aspecifici dei vaccini contenenti il virus del morbillo siano stati realizzati in paesi a basso reddito utilizzando la mortalità come esito primario e molti di questi con un vaccino contro il morbillo ad alto titolo. Poiché i vaccini contro il morbillo ad alto titolo sono stati esclusi dai programmi di immunizzazione nel 1992 a causa degli effetti avversi, sono stati esaminati i sei studi realizzati con vaccini contro il morbillo a titolo standard. Non sono rilevabili effetti aspecifici significativi sulla mortalità complessiva non correlata al morbillo. Alcuni studi osservazionali hanno suggerito effetti benefici aspecifici dei vaccini che contengono il virus del morbillo, ma, proprio per le caratteristiche di questi studi, vi possono essere inesattezze a causa di fattori confondenti, quale il bias del vaccinato sano; gli studi osservazionali sono poco adatti a trarre conclusioni definitive sul rapporto causa-effetto. Gli autori sottolineano che i risultati della loro ricerca sono frutto di uno studio controllato randomizzato (quindi condotto in modo tale da rimuovere il maggior numero possibile di fonti di bias – il gold standard della ricerca). Poiché la mortalità infantile in Danimarca è molto bassa, per valutare l’ipotesi di effetti aspecifici del vaccino contro il morbillo, che è somministrato insieme a parotite e rosolia (MPR), è stato utilizzato come risultato principale il dato dell’ospedalizzazione dei neonati per qualsiasi infezione, ovvero tutti gli accessi in ospedale dei bambini richiesti dai medici delle cure primarie (in Danimarca non è previsto l’accesso diretto in ospedale del paziente).
Sono stati reclutati 6540 neonati: a 3266 soggetti è stato praticato il vaccino MPR, a 3274 il placebo (solo il solvente) all’età di 5-7 mesi. I bimbi sono stati seguiti dal momento dei vaccini ai 12 mesi quando è prevista la terza dose del vaccino contro difterite, tetano, pertosse, poliomielite, Haemophilus influenzae, con questi risultati:
- Ricoveri per infezione prima dei 12 mesi di età: 786 ricoveri per infezione nei 3264 neonati nel gruppo a cui è stato praticato il vaccino MPR rispetto ai 762 nei 3272 a cui è stato somministrato il placebo (media 0,24 e 0,23 eventi per neonato, rispettivamente). Il tasso di ospedalizzazioni non differisce quindi tra il gruppo vaccinato e il gruppo che ha ricevuto il placebo: rapporto di rischio 1,03, intervallo di confidenza al 95% da 0,91 a 1,18.
- Ricoveri durati almeno 12 ore: sono stati segnalati un totale di 165 eventi (media 0,03 eventi per neonato). I neonati vaccinati con MPR hanno subito 92 ricoveri rispetto ai 73 ricoveri del gruppo placebo (media rispettivamente di 0,03 e 0,02 eventi per neonato), con un rapporto di rischio grezzo di 1,25 (da 0,88 a 1,77) e un rapporto di rischio aggiustato di 1,24 (da 0,87 a 1,76).
- Nel gruppo dei vaccinati sono state registrate 499 prescrizioni di un antibiotico sistemico rispetto alle 481 del gruppo placebo (rapporto di rischio 1,04, da 0,88 a 1,23).
Le differenze non sono statisticamente significative.
Da questo studio pare chiaro che in un contesto ad alto reddito, come quello danese, un vaccino MPR vivo attenuato somministrato a bambini di 5-7 mesi di età non ha ridotto il tasso di ospedalizzazioni per infezione non target prima dei 12 mesi.
Studi di questo genere sono indispensabili per comprendere se e come le vaccinazioni possano incidere, positivamente o negativamente, sullo stato di salute generale dei bambini che li ricevono. Le possibilità di realizzarli sono concrete, e si possono superare i limiti etici adottando le proposte presenti in questa pubblicazione.
Come risolvere i problemi etici che impediscono la realizzazione di RCT di adeguate dimensioni e follow-up nei paesi ad alto reddito?
Se si desidera davvero chiarire la possibilità di effetti aspecifici, avversi o favorevoli, in relazione ai vari vaccini (almeno di quegli effetti che possono verificarsi non solo nel breve, ma anche nel medio termine, come allergie, malattie autoimmuni e NDD, riportati da molti studi osservazionali), la soluzione può essere rappresentata da ampi RCT pragmatici, con criteri di esclusione minimi, lungo follow up e tempi osservazionali ancora più lunghi.
Sfortunatamente, la posizione dominante a livello internazionale rifiuterebbe tali RCT per motivi etici, poiché i soggetti di controllo, riceventi un placebo o nulla, sarebbero privati dei benefici del vaccino (e questo potrebbe significare anche esporre a rischi aggiuntivi i contatti che non possono ricevere vaccini vivi per motivi medici).
Per superare i problemi etici legati alla mancata somministrazione dei vaccini, o di alcuni vaccini, a uno dei bracci randomizzato, la soluzione potrebbe essere quella di sfruttare il diffuso fenomeno dell’esitazione vaccinale. Infatti, dopo aver ricevuto informazioni complete e bilanciate basate sullo stato delle conoscenze, una percentuale, piccola ma non trascurabile, di genitori rimane decisamente non in grado di decidere se vaccinare i propri bambini o rifiutare la vaccinazione. Questi genitori, che rimangono persistentemente esitanti, non devono essere considerati una minaccia, ma una risorsa preziosa per la ricerca scientifica. Potrebbe essere offerta loro un’opportunità volontaria: partecipare a RCT ben strutturati, contribuendo così a un reale progresso della conoscenza scientifica.
Questi RCT devono generalmente avere tre bracci randomizzati: i soggetti vaccinati analizzati, il controllo con iniezioni di placebo e il controllo con soggetti senza intervento attivo. Questo terzo braccio è importante per misurare anche gli eventi avversi derivanti dall’iniezione di soluzione fisiologica, oltre al possibile “effetto nocebo” (prevedibile, in un RCT in cieco, in coloro che non sanno se l’iniezione contiene soluzione salina o un farmaco attivo).
In questo modo, il gruppo di controllo non deve aver timore delle malattie trasmissibili prevenute dai vaccini in esame, poiché i partecipanti non sarebbero concentrati in un territorio confinato e l’effetto dell’immunità di gregge della grande maggioranza di vaccinati li proteggerebbe. Probabilmente, contrarranno comunque un numero più alto di malattie infettive che sono le malattie target di specifici vaccini esaminati nell’RCT, come già ben documentato in studi trasversali o in coorti di popolazione, ciò nonostante, avendo loro fatto volontariamente la scelta informata di aderire a un RCT in cieco, il rischio di incorrere in altre malattie infettive prevenibili con vaccino non dovrebbe essere un grosso problema personale o etico. Il rischio teorico di infezione che loro potrebbero causare ad alcuni soggetti immunodepressi sarebbe trascurabile, se confrontato con quello causato da un’ampia proporzione di adulti non vaccinati o da persone il cui titolo anticorpale protettivo è svanito negli anni (condizione ampiamente documentata nella letteratura scientifica relativa alle malattie prevenibili da vaccino). Studi come questi non presenterebbero il serio bias di selezione che compromette la validità delle conclusioni nei risultati degli studi osservazionali.
Infine, ma non per questo meno importante, questi RCT dovrebbero trovare sponsor del settore pubblico, perché è improbabile che sponsor privati siano interessati a studi che potrebbero mettere a rischio parte del loro business. Il loro disegno dovrebbe essere concepito da ricercatori indipendenti da interessi commerciali e le differenti scuole di pensiero dovrebbero essere rappresentate in modo bilanciato tra loro. Per concludere, la loro gestione dovrebbe essere assegnata a organismi scientifici indipendenti da qualsiasi conflitto di interesse e da relazioni finanziarie con il vasto mercato dei vaccini.