• La comunità globale ha investito in modo sproporzionato nei vaccini per combattere la COVID-19 a discapito di strategie alternative e sul rafforzamento del sistema sanitario, aspetto quest’ultimo ancora sottovalutato.
  • I determinanti sociali e le comorbilità dovrebbero essere presi in considerazione come parte integrante di qualsiasi strategia di sanità pubblica.
  • L’analisi rischio-beneficio e il principio di precauzione dovrebbero guidare le politiche di vaccinazione adottando risposte diversificate contro la COVID-19 e altre future malattie.

Giocare alla roulette con i vaccini: Perché l’attuale strategia di puntare tutto sui vaccini Covid-19 è una scommessa ad alto rischio; questo è il titolo dell’interessante lavoro scientifico che traduciamo e vi proponiamo.

Molti paesi ad alto reddito e le istituzioni internazionali hanno scommesso tutto, nella lotta contro la COVID-19, sulle vaccinazioni disponendo, nell’attesa della loro commercializzazione, lockdown e restrizioni personali – con enormi danni collaterali quali l’aumento della povertà, l’incremento della violenza intra-familiare, degli stati di malessere riguardanti la sfera della salute mentale e del corpo; ciò anche a causa dei ritardi nelle diagnosi, dei follow-up, dell’esecuzione delle terapie per patologie di vario genere, comprese quelle che da sempre sono ritenute elevata priorità, ossia le patologia oncologiche e cardio-vascolari.

All’inizio di luglio 2021 è stato stimato che erano già stati assegnati 12.445 miliardi di dollari per lo sviluppo dei vaccini, in gran parte provenienti da risorse pubbliche. Il finanziamento internazionale alla lotta alla pandemia è stato assorbito in modo preponderante dai vaccini, a scapito di altre strategie. Ne è esempio l’Access to Covid-19 Tools (ACT) Accelerator, il cui obiettivo è

accelerare i tempi della fine della pandemia sostenendo lo sviluppo e l’equa distribuzione di test, trattamenti e vaccini di cui il mondo ha bisogno“.

Al 9 luglio 2021, i finanziatori pubblici e privati avevano già promesso più di 12,2 miliardi di dollari a COVAX, mentre molto poco è stato investito nella ricerca di terapie, o per il rafforzamento dei sistemi sanitari, specialmente in termini di miglioramento dell’assistenza primaria, delle risorse umane e della formazione. La politica di risposta alla COVID-19 rimane unicamente legata alle vaccinazioni, a tutto il resto sono riservate briciole di finanziamenti.

Non si intende mettere in discussione le vaccinazioni, in particolare quelle che impediscono la trasmissione della malattia e contrastano le infezioni, che vengono ritenute “uno dei migliori investimenti sanitari che il denaro può comprare”. Inoltre, sarebbe ingeneroso sottovalutare l’impegno e la rapidità senza precedenti che hanno portato allo sviluppo dei vaccini finora approvati.  che hanno dimostrato di essere abbastanza sicuri e efficaci – almeno nel breve periodo – ma, a questo punto, non è più accettabile la narrazione che tutto debba essere concentrato solo sui vaccini. Questa strategia, senza una sufficiente valutazione a lungo termine del rapporto rischio-beneficio era – e può ancora ritenersi – insufficiente, poco reattiva, miope e rappresentare un’inutile scommessa ad alto rischio (che va anche a discapito di terapia, rafforzamento del sistema sanitario, prevenzione non farmaceutica, promozione di condizioni sicure che impediscano la trasmissione e stili di vita sani)
Gli autori evidenziano una serie di limiti della strategia “incentrata sul vaccino” e  l’assenza di strategie complementari. Concludono poi proponendo programmi politiche più equilibrate contro il rischio rappresentato dalla Covid-19.

I dubbi sull’azzardo nel puntare tutto sulle vaccinazioni

Permangono numerose incognite sui risultati a medio termine delle attuali strategie basate unicamente sulle vaccinazioni COVID-19, compresa la loro sostenibilità. L’efficacia dei vaccini è stata determinata attraverso studi clinici controllati randomizzati (RCT), che rappresentano il gold standard dei disegni clinici. Nell’interpretazione dei risultati di qualsiasi studio randomizzato è essenziale definire il contesto in cui essi si sono svolti perché nessun intervento agisce su due persone allo stesso modo, e i risultati sono influenzati da fattori di rischio individuali. Inoltre, fra gli obiettivi dagli studi clinici per valutare l’efficacia del vaccino Covid-19 non rientrava la valutazione della loro efficacia nella gestione della pandemia. Considerando i modelli estremamente diversi dell’epidemiologia della SARS-CoV-2, è possibile che gli RCT abbiano dei limiti nella loro capacità di comprendere la complessità dell’interazione tra ogni paziente, il suo sistema immunitario e il vaccino. Di conseguenza, politiche fondate solo sui vaccini, sugli RCT e su rapide autorizzazioni all’uso, rischiano di essere troppo standardizzate per adattarsi alle specificità di vari sottogruppi, come ad esempio, le donne incinte o le minoranze etniche, e rischiano quindi di fornire risultati subottimali. Ad esempio, tra pazienti allergici sono emersi anche gravi reazioni avverse. Questa categoria di pazienti era stata esclusa dagli studi clinici della Pfizer, lasciando i medici del Regno Unito impreparati ad affrontale.
Gli autori ritengono che dovrebbe essere applicato il principio di precauzione poiché l’equilibrio tra i rischi dell’infezione da SARS-CoV-2 e i benefici di questi nuovi vaccini non solo è del tutto sconosciuto nel medio termine, ma anche estremamente variabile, nel breve termine. Per esempio, c’è ampia variabilità tra una decade di età ad un’altra, tra un individuo ed un altro (con rischi attesi differenti di malattia e quindi, benefici previsti dal vaccino – a volte superiori di 10.000 a 1) – e persino tra un vaccino e un altro.

La maggior parte delle persone infette non sviluppa sintomi e, sebbene non si conoscano ancora le implicazioni a lungo termine dell’infezione, si stima che i tassi di mortalità per infezione da Covid-19 nelle persone di età inferiore ai 70 anni si aggirino intorno allo 0,05%. 

La vaccinazione è generalmente praticata per impedire la trasmissione del virus ad una quota significativa di soggetti a rischio e per raggiungere l’immunità del gregge. Non è ancora chiaro se questi vaccini forniranno risultati determinanti, quali una protezione di lunga durata, la riduzione della mortalità e del contagio, fondamentale per la realizzazione dell’immunità di gregge. Nel caso di Pfizer e Moderna, gli studi non sono stati in grado di determinare la durata esatta dell’immunità alla malattia grave oltre i sei mesi né la necessità e frequenza di ulteriori dosi di richiamo (Pfizer ha già iniziato a suggerire che i richiami sono necessari solo otto mesi dalla precedente vaccinazione), rappresentando un’ulteriore scommessa tra le difficoltà costituite dall’aderenza al protocollo, dalla qualità dei dati, dalla corretta segnalazione e dell’efficacia complessiva.

Ci sono già prove che i vaccini attuali siano meno efficaci contro alcune varianti di SARS-CoV-2, che in paesi con un’elevata copertura vaccinale possano manifestarsi picchi di infezioni da SARS-CoV-2 e che l’immunità di gregge non possa essere raggiunta.

Ciò è particolarmente preoccupante per vaccini come questi che potrebbero determinare rischi a breve termine e impatti negativi a lungo termine, soprattutto a causa del fatto che i vaccini a mRNA non sono stati mai usati in precedenza per campagne di vaccinazione di massa.
L’incertezza dei dati riguardanti l’efficacia contro le varianti del virus, la riduzione della mortalità e della prevenzione della trasmissione, il fatto che siano sconosciuti gli effetti avversi a lungo termine di questi vaccini, rafforzano l’idea di perseguire una politica di immunizzazione volontaria, mirata nelle popolazioni ad alto rischio (es. anziani, persone con comorbilità e operatori sanitari), piuttosto che campagne di vaccinazione di massa. Ciò significa anche evitare politiche di vaccinazione uguali in tutti i paesi, piuttosto adattare la politica a ciascun contesto in base alla struttura della popolazione, alla accettazione del vaccino, alle capacità del sistema sanitario e all’andamento dell’epidemia.
E’ curioso osservare come siano state manifestate immediatamente certezze sulla sicurezza dei vaccini – con affermazioni forti come “non c’è dubbio che gli attuali vaccini siano efficaci e sicuri” – mentre l’esitazione alle vaccinazioni è alta in tutto il mondo, mentre alcuni scienziati mettono in guardia contro i rischi di potenziali eventi avversi e mentre, con un periodo di osservazione così breve. Ciò rischia di aumentare l’esitazione al vaccino COVID-19 della popolazione, ma potrebbe anche estendersi e minare la fiducia in altri vaccini ben collaudati, efficaci ed efficienti.

Necessità di strategie complementari

Un aspetto è la realizzazione della vaccinazione, l’altro l’organizzazione che comporta la produzione, la distribuzione e somministrazione del vaccino su larga scala, e soprattutto in modo equo. Sussistono serie preoccupazioni sull’accesso, la produzione, lo stoccaggio nella catena del freddo, la distribuzione, la disponibilità del sistema, gli interessi nazionali e l’accettazione del vaccino contro il Covid-19 nel mondo. Per molti versi è ragionevole immaginare che la distribuzione e la logistica dei vaccini, la gestione delle risorse umane, la realizzazione dei programmi di vaccinazione, le condizioni di accesso diventeranno la più grande sfida di governance sanitaria globale per il prossimo futuro, mettendo in secondo piano approcci più globali ed equilibrati alla salute pubblica (come testimoniato all’ultimo vertice del G7). I finanziamenti per sostenere i sistemi sanitari a livello mondiale sono insufficienti, come sopra riportato.
Inoltre, in molti paesi la risposta alla COVID-19 è stata elaborata senza valutare adeguatamente la reale minaccia costituita dalla pandemia sulle diverse popolazioni (fasce di età, ecc.), senza coinvolgere adeguatamente le popolazioni vulnerabili, senza tenere sufficientemente conto dei danni delle restrizioni imposte in attesa delle vaccinazioni e trascurando le attività di salute pubblica e di promozione della salute. In particolare, la risposta alla COVID-19 si è concentrata sul controllo del virus, prestando un’attenzione insufficiente ad altri fattori come i determinanti sociali, l’età, le comorbilità e la precedente esposizione ad altre infezioni che svolgono un ruolo determinante nello spiegare la “transizione” dall’infezione da SARS-CoV-2 a forme gravi di Covid-19. 

Ridurre l’azione di contrasto unicamente alle vaccinazioni comporta una sottovalutazione di un problema complesso quale è la pandemia, poiché si prevede che i rischi derivanti da epidemie e sindemie emergenti si intensificheranno con l’aumento dell’urbanizzazione e della densità urbana, dei cambiamenti climatici, della disuguaglianza sociale, del degrado della vita, degli ambienti sociali e dell’ecologia.

Conclusione: coprire le proprie scommesse

L’attuale strategia di puntare tutto sul vaccino, per quanto oggi possa sembrare una soluzione vincente, rappresenta una strategia rischiosa e insufficiente. Si chiede di adottare una risposta globale e diversificata sia all’attuale pandemia di COVID-19 sia a eventuali altre malattie attraverso strategie che includano la promozione della salute e stili di vita sani, la prevenzione mirata di altri determinanti di salute (ad es. carenze nutrizionali), cure primarie adeguate e trattamento precoce (soprattutto ora che stanno emergendo maggiori prove di terapie efficaci), rafforzamento del sistema sanitario e una politica dei sistemi nazionali, regionali e globali contro le epidemie emergenti, per costruire “sistemi sanitari a prova di pandemia”. In particolare, le strategie di vaccinazione devono essere configurate all’interno di una strategia generale di salute pubblica con profili differenti nei diversi paesi. Queste strategie dovrebbero prendere in considerazione l’immunità naturale acquisita tra coloro che sono stati infettati. Le politiche sanitarie dovrebbe tenere in considerazione il rapporto rischio-beneficio delle vaccinazioni, secondo il principio di precauzione perseguendo con coerenza con gli obiettivi di sanità pubblica. A livello globale, tale approccio comprende anche un finanziamento adeguato a breve termine degli altri capitoli di spesa ACT, senza precludere investimenti pubblici condivisi e coordinati nello sviluppo e nell’uso di vaccini, poiché vaccini efficaci, se integrati in un progetto globale, avranno maggiori possibilità di ottenere successo. 
Continuare con le politiche attuali, con l’aspettare impreparati le emergenze sanitarie per puntare tutto sulla roulette dei vaccini, non ci aiuterà ad uscire dal pasticcio in cui ci troviamo.