Nel suo celebre “Nemesi Medica” Ivan Illich stigmatizzava lo strapotere medico fino a denunciare come l’eccessiva invasività della medicina contemporanea finisca essa stessa per pregiudicare la salute di chi pretenderebbe di curare.

E l’attuale epidemia di Covid-19 era di là da venire, il libro fu scritto infatti nel lontanissimo 1976. Le belle pagine di Illich mi sono venute in mente più volte in questi ultimi due anni, sollecitate sia dai provvedimenti governativi, sia da fatti di cronaca. Ormai il motto popolare “quel che conta è la salute” si è trasformato nel sommo principio costituzionale che “prima viene la salute”, e in nome della Salute è lecito calpestare tutti gli altri diritti: lavoro, cibo, libertà, movimento, istruzione e perfino la vita stessa.

Quando una Caritas appende un cartello con su scritto

“Per ritirare cibo e vestiario è necessaria la vaccinazione anti-covid”,

vuol dire che si ritiene possibile lasciar morire di fame e di freddo chi non ha ubbidito a un diktat governativo e sanitario, pur non avendo disubbidito ad alcuna legge.

Quando il governo decide che se non hai il green pass non hai più diritto al reddito di cittadinanza o non puoi lavorare, condanna all’indigenza e alla disperazione milioni di persone che come unica colpa hanno quella di diffidare di vaccini che ritengono poco sicuri.

Quando invece di provvedere a rendere le scuole italiane più dignitose e agibili, trovando spazi meno angusti per le aule e dotandole di impianti efficienti di areazione, si sceglie di ammorbare la vita scolastica con provvedimenti astrusi e farraginosi e si raccomanda in pieno inverno di fare lezione con le finestre spalancate, allora vuol dire che il diritto all’istruzione è decisamente compromesso, per non parlare del discriminatorio provvedimento di riservare la dad solo agli studenti non vaccinati.

Quando tutte le risorse del ministero vengono indirizzate su una singola malattia, contagiosa, seria, ma con un indice di mortalità basso, e si riduce invece l’impegno negli altri settori medici oppure quando si rinuncia in una situazione del genere al lavoro di medici e infermieri che non si sono vaccinati, allora viene da chiedersi: ma che difesa della nostra salute è mai questa?

Hanno volutamente spaccato il Paese, forzato le regole e la Costituzione ( è ora di ripristinare la democrazia in Italia, ha scritto il Guardian), creato una guerra di religione sui vaccini che ha impedito una lucida e seria discussione sulle strategie migliori da adottare. Il Ministro, il CTS, l’ISS si sono autoproclamati la Scienza, il Verbo e chi dubita o non si adegua non merita nemmeno una risposta. Ecco allora indicare i non vaccinati come i responsabili di ogni male, additarli al pubblico ludibrio, esposti sulla gogna mediatica. E se in Francia Macron si propone di ”emmerder” i non vaccinati, da noi c’è anche chi, come il dott. Mario Riccio propone che “se mancano i posti letto non curiamo più i no vax” perché “di Covid muore soltanto chi vuole”, e così abbiamo anche seppellito il povero Ippocrate e pure l’intelligenza visto che subito si è accodato a ribadirlo l’ineffabile Bersani.

E quando accade che al Pronto soccorso di Sassari il medico si rifiuta di visitare una donna incinta perché non ha il tampone molecolare e questa arrivata al parcheggio avrà un aborto spontaneo, ci chiediamo che fine abbia fatto la deontologia professionale. Eppure i vaccinati si contagiano e contagiano, per Crisanti anzi il vero problema sono loro. Ma è una strategia consueta quella di addossare le proprie responsabilità e i continui fallimenti a un capro espiatorio, a un untore, e qui è sempre Illich a spiegarci:

“Quando tutta una società si organizza in funzione di una caccia preventiva alle malattie, la diagnosi assume allora i caratteri di una epidemia. Questo strumento, trionfo della cultura terapeutica, tramuta l’indipendenza della normale persona sana in una forma intollerabile di devianza”,

e cosa sono oggi i non vaccinati se non gli untori, gli emarginati dalla vita sociale e civile, contro cui incarognirsi con freddo cinismo?