La vaccinovigilanza comprende la raccolta, la valutazione, l’analisi e la comunicazione degli eventi avversi che seguono l’immunizzazione (“Adverse Event Following Immunization” – AEFI).

Ha l’obiettivo di monitorare la sicurezza dei vaccini anche dopo la loro approvazione e immissione in commercio per accertare che il rapporto beneficio/rischio si mantenga favorevole nel corso del tempo.

Il monitoraggio di sicurezza si basa principalmente sulla vaccinovigilanza passiva e in minima parte su quella attiva.

La vaccinovigilanza passiva viene realizzata attraverso la raccolta e l’analisi delle segnalazioni spontanee, cioè non obbligatorie da parte di medici, operatori sanitari e persone vaccinate, tramite le quali possono emergere segnali che necessitano di approfondimento. Gli eventi avversi rilevati nel periodo post-marketing hanno portato alla identificazione di eventi avversi gravi e anche al ritiro di diversi vaccini. Nel 1976, soltanto dopo aver vaccinato dai 40 ai 45 milioni di persone contro l’influenza suina è stata trovata la correlazione tra il vaccino e la sindrome di Guillan-Barrè; 10 mesi dopo l’uso del Pandermix (su circa 6 milioni di individui) contro l’H1N1 si è scoperta la correlazione con la narcolessia; circa 1 milione di bambini sono stati vaccinati contro i Rotavirus prima dell’identificazione dell’intussuscezione intestinale, che si è verificata in circa 1 soggetto su 10.000 vaccinati.

La vaccinovigilanza attiva si basa sulla raccolta delle informazioni dello stato di salute dei vaccinati attraverso questionari appositi che monitorano accuratamente il risultato della vaccinazione.  La presenza di questi progetti può portare ad un aumento significativo del numero di segnalazioni e può influenzare pertanto l’andamento temporale delle segnalazioni.

Per ottenere delle stime reali della frequenza degli eventi avversi post-vaccinazione dopo la commercializzazione non esistono altri sistemi: i programmi di sorveglianza attiva, che necessariamente sono limitati e definiti su gruppi specifici di popolazione, rappresentano l’unico mezzo.

Per quanto riguarda le vaccinazioni pediatriche, in Italia siamo a conoscenza di due studi di farmacovigilanza attivi postmarketing.

Un primo studio in Veneto ha riportato eventi avversi nel 62,7% dei riceventi MPRV (morbillo, parotite, rosolia) o MPR + V (Varicella), in questo caso con più reazioni locali, ma senza differenze nelle reazioni generali. Lo studio però non ha utilizzato l’algoritmo OMS per l’attribuzione del nesso di causalità.

Il secondo studio in Puglia è frutto di una ricerca svolta dall’Osservatorio Epidemiologico nel 2017-18, mediante la sorveglianza ATTIVA dopo vaccinazione anti-MPRV (per la precisione, spesso somministrato insieme ad HAV, anti-epatite A). La raccolta dati in Puglia è stata fatta su un campione di bambini (1.672 soggetti, che rappresentano il 42,5% di quanti hanno ricevuto la prima dose di vaccino MPRV in quel periodo) ai cui genitori erano stati consegnati appositi questionari per registrare i sintomi apparsi nelle prime ore o nei primi giorni dopo la vaccinazione; successivamente i genitori erano contattati mediante telefono per garantire una buona adesione alla ricerca. I risultati del primo anno di studio sono stati confrontati con quelli della sorveglianza passiva nel periodo 1° gennaio 2013 – 31 dicembre 2017, nel quale sono state somministrate complessivamente 296.617 dosi di vaccino anti-MPRV. Tale accurato studio ha rilevato un tasso di eventi avversi decisamente diverso secondo il tipo di registrazione. Con la sorveglianza attiva sono state fatte 656 segnalazioni su 1672 dosi somministrate, con quella passiva sono state fatte 112 segnalazioni su 296.617 dosi somministrate.

Gli eventi avversi a seguito di immunizzazione (AEFI) sono stati il 46,2% (46,2 su 100 dosi). Di questi, l’11% sono stati considerati gravi (serious). Le reazioni gravi con coerente associazione causale con la vaccinazione sono state 3,8% (3,8 x ogni 100 dosi). Una valutazione critica di tale studio mostra che tali valori sono circa 1000 volte superiori a quanto riportano anni di sorveglianza passiva della Regione Puglia, e circa 300 volte superiori a quanto riportato nei Rapporti annuali AIFA come media nazionale per quel tipo di vaccinazione. Tra gli eventi gravi considerati correlati,

  • grave iperpiressia si è verificata in 38 casi/1000 bambini
  • sintomi neurologici si sono verificati in 20 casi/1000 bambini
  • patologie gastrointestinali si sono verificate in 15 casi/1000 bambini.

Una proiezione su una coorte di nascita di 400 mila bambini all’anno fornisce i numeri di eventi gravi: sono riportati nella tabella sotto riprodotta.

Tali effetti andrebbero confrontati con quelli evitati dalla vaccinazione. Per avere un’idea di tale bilancio, si può fare riferimento agli eventi estremi (decessi) verificatisi nei 14 anni precedenti il 1999, anno di introduzione della vaccinazione infantile MPR universale in Italia (l’antivaricella è stata introdotta in seguito). La media annua dei decessi per le patologie indicate in base ai dati ISTAT nei 14 anni dal 1985 al 1998, quando solo una minoranza di bambini era vaccinata, è stata:

  • Morbillo 7,4 morti all’anno (min. 1 – max 15), di cui poco più della metà in età pediatrica
  • Rosolia 0,9 morti all’anno di cui solo circa metà in età pediatrica
  • Parotite 0,9 morti all’anno di cui solo circa metà in età pediatrica

Ciò su una popolazione di circa 57 milioni di italiani. Non è comunque a noi noto se e di quali patologie fossero portatori i circa 4 morti/anno di morbillo e circa 1 morto ogni 2 anni di parotite e di rosolia verificatisi in età pediatrica, e se la vaccinazione li avrebbe in ogni caso salvati.

Il campione pugliese potrebbe non essere rappresentativo per tutta l’Italia; inoltre, come dichiarano gli autori dello studio, un campione di 2000 soggetti non può consentire di intercettare eventuali eventi avversi rari o molto rari.

Sarebbe molto importante che la sorveglianza attiva fosse adottata SISTEMATICAMENTE in tutta Italia, almeno su un campione rappresentativo di bambini vaccinati.

“Sommando tutti i casi di morbillo, parotite, rosolia e varicella, siamo sicuri che la sofferenza totale dei bambini per queste malattie superi quella dovuta ai vaccini MPRV (tenendo conto anche che il vaccino deve essere ripetuto due volte e forse di più)?” oppure “Perché, pendenti tali incertezze sulla sicurezza, il vaccino MPRV è stato reso obbligatorio?”

Quando la sorveglianza post-marketing è affidata alle sole segnalazioni spontanee, è evidente che i dati sono inaffidabili.

Esempi clamorosi in proposito sono le associazioni tra miocarditi e pericarditi e vaccini contro COVID-19. La totalità delle pubblicazioni basate su sorveglianza passiva (o loro varianti, come quella di andare a consultare i codici di mio-pericardite nei registri ospedalieri) parla di condizioni rare (per definizione tra 1/1000 e 1/10.000) o molto rare (< 1/10.000): qualche caso eccedente l’atteso di carditi x 100.000 dosi di vaccino.

Al contrario, i riscontri dei pochissimi studi al mondo di sorveglianza attiva raccontano tutt’altra storia: quelli attuati a Taipei, in Tailandia e in Svizzera (Clinica di Basilea) mostrano incidenze di mio-pericarditi vaccinali circa 1000 volte superiori. Tutti i casi di questi studi sono stati identificati attenendosi alle indicazioni fornite dai CDC USA, peccato che i CDC stessi non le mettano in pratica. In particolare, lo studio prospettico di coorte tailandese, condotto con una vera e propria sorveglianza attiva, ha raccolto ECG, ecocardiografia ed enzimi cardiologici di 301 studenti di età compresa tra i 13 e i 18 anni prima della vaccinazione e, successivamente, al 3°, al 7° e al 14° (facoltativo) giorno dopo la seconda dose di vaccino BNT162b2. Nel 29,24% dei pazienti sono state riscontrate manifestazioni cardiovascolari, dalla tachicardia all’ipertensione, prolasso mitralico sino alla miopericardite. La miopericardite è stata confermata in 1 paziente dopo la vaccinazione, per 2 pazienti la diagnosi è stata di sospetta pericardite e per altri 4 di sospetta miocardite subclinica; 7 partecipanti (2,33%) hanno presentato almeno un bio-marcatore cardiaco elevato.

Il confronto degli studi citati con il Rapporto AIFA che parla di 2 casi di miocarditi per milione è imbarazzante e impietoso.

Affidarsi esclusivamente alla sorveglianza passiva impedisce a molti genitori di “fidarsi”. L’asserzione della maggior sicurezza dei vaccini rispetto ad altri farmaci, peraltro doverosa perché offerti e imposti ai sani, e persino a tutta la popolazione, non ha fondamento.

  • Sia perché i vaccini non sono sottoposti a test di farmacocinetica e farmacodinamica come altri medicinali (lacuna evidenziatasi con i vaccini anti-SARS-CoV-2, in cui la spike inoculata è stata rilevata nel sangue e nei tessuti anche per mesi dopo l’inoculazione),
  • sia perché non sottoposti a valutazione di cancerogenicità o di genotossicità;
  • sia perché la valutazione clinica, effettuata per altri medicinali in RCT di 3-5 anni di durata media, nel caso dei vaccini è tipicamente ben più breve, e persino inesistente, ritenendo che in seguito ai primi trial possano essere sufficienti solo test di immunogenicità;
  • sia perché i trial sperimentali sono eseguiti utilizzando spesso nel gruppo di controllo altri vaccini.

Continuare ad affermare che la maggior parte delle reazioni avverse è di entità lieve e temporanea fa parte di una retorica di maniera, purtroppo ormai troppo spesso smentita dall’esperienza, oltre che da una messe di lavori scientifici.

Se non per rispetto della scienza, almeno per amore della verità, per ristabilire un po’ di fiducia tra i cittadini, richiediamo urgentemente programmi di sorveglianza attiva dopo le vaccinazioni di qualsiasi tipo.