La proposta di referendum abrogativo dei quattro decreti legge istitutivi delle varie forme di green pass muove da fondate e condivisibili riflessioni e motivazioni e rappresenta il segnale forte di un Italia che non si vuol piegare e che intende resistere ai bavagli ed alle costrizioni; le ragioni etiche, scientifiche e giuridiche che lo sostengono sono le stesse che in questi lunghi mesi sono state alla base dell’azione e della riflessione di AsSIS e dei suoi attivisti che si battono e credono nel più
“rigoroso rispetto della legalità costituzionale e dei diritti fondamentali della persona presente e futura, cifra essenziale della stessa idea dei beni comuni”
come il Prof. Mattei ha scritto nella sua presentazione del referendum.
Ma siamo altresì convinti che si tratti di un’iniziativa azzardata, rischiosa, inopportuna, controproducente e contraddittoria che condurrà a risultati certamente non voluti dai promotori ma mortali per quei residui spazi di dibattito e di azione che tuttora esistono.
AZZARDATA
perché la procedura prevede che, nel caso, si andrebbe a votare fra il 15 aprile ed il 15 giugno 2022, cioè in un momento in cui l’emergenza dovrebbe essere finita e, di conseguenza, cessato l’uso del GP. La pendenza del referendum potrebbe essere utilizzata dal Governo per mantenerlo in vita con la scusa che si debba attendere il pronunciamento popolare se toglierlo o meno.
RISCHIOSA
perché dobbiamo partire dal presupposto che chi si oppone allo strumento del passaporto verde è (siamo) una minoranza, forse non esigua, sicuramente motivata, ma pur sempre una minoranza di fronte ad una consistente maggioranza di cittadini e cittadine che per vari motivi (paura, ignoranza, odio, disinteresse e disinformazione) vedono il GP come un modo per salvaguardare sé stessi e/o una vita sociale. Ci troveremmo di fronte quasi tutte le forze politiche e la stragrande maggioranza delle fonti di informazione: l’esito di una consultazione appare scontato!
INOPPORTUNA
perché in ogni caso e di fronte ad ogni scenario che probabilmente potrebbe verificarsi le ripercussioni sarebbero assai negative:
– in caso di mancato raggiungimento delle 500.000 firme la nostra opposizione al GP verrebbe relegata in una nicchia definita e derisa come minoritaria e disperata, lontana dalla realtà e dai bisogni dei cittadini;
– in caso di mancato via libera della Corte Costituzionale all’ammissibilità dei quesiti la lettura che ne verrebbe data dal governo e dalla stampa di regime sarebbe quella di un timbro di illegalità dell’iniziativa a fronte della legittimità degli strumenti governativi di conduzione della ‘emergenza’ che così avrebbero ricevuto un sostanziale via libera da parte della Corte;
– in caso di mancato raggiungimento del quorum dei votanti riceveremmo un evidente schiaffo dalla popolazione che evidenzierebbe come non solo siamo una minoranza ma abbiamo anche impegnato il Paese in un’inutile e dispendiosa attività priva di senso ed effetto;
– in caso di esito minoritario dei SI e vittoria del NO (scenario più probabile, per non dire certo) le nostre ragioni verrebbero zittite per sempre ed il governo avrebbe una patente di legittimazione per agire sempre come ha agito finora.
CONTROPRODUCENTE
La sconfitta referendaria darebbe al GP una legittimazione popolare inattaccabile, che consegnerebbe al governo una delega in bianco per utilizzare ed estendere il meccanismo discriminatorio nel tempo e negli ambiti, anche a prescindere dall’esistenza dello stato di emergenza.
CONTRADDITTORIA
Ma l’aspetto che AsSIS ritiene essere maggiormente rilevante riguarda il contrasto con quello che stiamo sostenendo dall’inizio della gestione dell’emergenza sotto un duplice profilo:
- abbiamo detto e sostenuto che occorre diffondere conoscenza e consapevolezza con un’azione capillare, informata, corretta e non divisiva. L’uso degli strumenti plebiscitari, come il referendum, comporta l’effetto contrario, sia per la grossolanità dello scontro delle motivazioni, sia – soprattutto – per l’effetto di dividere la popolazione in fazioni contrapposte, l’uno contro gli altri armati, facendo così il gioco proprio di chi ci governa. La nostra azione deve avere come obiettivo quello di superare l’odio e la contrapposizione sociale, creare consapevolezze ed utilizzare lo strumento del dialogo, ribaltare la logica del potere che ci mette gli uni contro gli altri, scaricando sui cittadini i ritardi e le inefficienze della pubblica amministrazione, ma diffondendo notizie, idee, azioni che aiutino i cittadini ad essere consapevoli e liberi dalla paura;
- abbiamo detto e sostenuto che siamo sempre stati consapevoli di essere una minoranza ed abbiamo preteso rispetto e diritti proprio perché siamo tale. Il Prof. Mattei ci ricorda che “Stefano Rodotà, da sempre studioso attento e preoccupato della trasformazione tecnologica del capitalismo, spesso ammoniva che la democrazia non è principio di maggioranza ma principio di minoranza. Essa è un sistema rispettoso prima di tutto e imprescindibilmente della dignità di ogni singolo essere umano per quanto portatore di una visione idiosincratica o minoritaria.” Quindi dobbiamo batterci con gli strumenti della minoranza e non invocare l’uso di uno strumento che serve solo alle maggioranze; così manterremmo la nostra natura, non perché ci piaccia essere minoranza, ma perché riteniamo che oggi siano in gioco diritti collettivi ma anche scelte di singoli che devono essere tutelate a prescindere da quante persone le condividano.
Per questo siamo e restiamo contrari alla proposta di referendum.
Quindi, che fare? Ovviamente non stare zitti!
La nostra proposta è quella di non disperdere le energie che stiamo raccogliendo… lanciamo una grande petizione di massa, il cui testo potrebbe già essere quello che oggi sostiene il referendum, e chiediamo di poter consegnare le firme alle massime cariche dello Stato, ad iniziare dal Presidente della Repubblica e dai Presidenti dei due rami del Parlamento, per chiamarli ad un sano e democratico confronto e così tentare di uscire da questo pantano di negazione dei principi costituzionali e dei diritti fondamentali. Sappiamo che questi organi di garanzia fino ad oggi sono stati sordi se non complici, ma la nostra bussola è la Carta costituzionale e dobbiamo muoverci con gli strumenti che essa ci offre.